Una lettera di Oseghale rivolta ai giudici: «Non sono stato io a uccidere Pamela»

La lettera di Oseghale
La lettera di Oseghale
di Benedetta Lombo
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Mercoledì 16 Settembre 2020, 02:55
MACERATA - «Dr Judge, thank you once again for this second opportunity». Inizia così la lettera che questa mattina Innocent Oseghale leggerà ai giudici della Corte d’Assise di Appello che dovranno giudicarlo nel secondo grado di giudizio per l’omicidio di Pamela Mastropietro avvenuto il 30 gennaio del 2018. Il nigeriano 32enne, accusato di omicidio volontario, violenza sessuale, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere, nella sua lettera inizia ringraziando i giudici per avergli concesso questa seconda opportunità e poi torna a chiedere scusa ai familiari di Pamela, ma ribadisce: «I didn’t kill Pamela», “non ho ucciso Pamela”. Nella lettera che oggi leggerà in aula Oseghale continua a ripetere di essere pronto a pagare per il crimine che ha commesso ma non vuole pagare per ciò che - a suo dire - non ha commesso.


 
«I cut the dead body, to carry it out of my house», torna a ripetere di aver fatto a pezzi il cadavere della 18enne per portarlo fuori dalla sua abitazione in via Spalato 124. Il nigeriano nega anche la violenza sessuale, dice che «lei voleva fare sesso con me come ha fatto con altri ragazzi». E poi: «So di aver fatto qualcosa di veramente cattivo, ma non ho ucciso Pamela». Oseghale conclude la sua dichiarazione ai giudici di giudicarlo «senza pregiudizi». Questa mattina i suoi legali, gli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi rinnoveranno la richiesta di nuovi accertamenti medico-legali. Per la difesa, infatti, Pamela Mastropietro sarebbe morta per overdose e non per le due coltellate inferte all’altezza del fegato. 
I legali parlando di tagli compatibili con l’operazione di smembramento del cadavere effettuato dopo la morte della 18enne. Per i familiari di Pamela, invece, non ci sarebbe alcuna necessità di effettuare un’ulteriore perizia rispetto a quella già eseguita dal medico legale e dal tossicologo per la procura. «Non vi è alcun motivo di una superperizia – ha commentato ieri l’avvocato Marco Valerio Verni, zio di Pamela e avvocato dei familiari –. Le consulenze esperite hanno chiaramente dimostrato che Pamela sia morta per le due coltellate inferte da Oseghale e che non vi sia stata alcuna overdose. Chiederò conferma della sentenza di primo grado, naturalmente». 
Poi, sulle dichiarazioni che Oseghale farà oggi in aula «Non abbiamo nulla da dire, anche perché abbiamo ormai visto tutti di quanto le stesse - quelle fatte in passato - siano state inattendibili e del tutto pretestuose. A meno che non voglia confessare chi fosse con lui in quell’appartamento». Poche ore prima Marco Valerio Verni aveva postato su Facebook anche una dichiarazione rivolta al presidente della Repubblica: «Il presidente Mattarella si dice sconvolto dall’uccisione di Willy. Ha ragione, lo siamo tutti. Devo desumere, però, che, non essendosi pronunciato al riguardo, non lo sia stato per quella di Pamela. Se qualcuno di voi ha notizia di sue dichiarazioni al riguardo, me le segnali, per cortesia».
Oggi dunque, si aprirà il processo di secondo grado a carico di Innocent Oseghale. C’è attesa, innanzitutto, per la decisione dei giudici della Corte d’Assise d’Appello in merito al recente orientamento delle Sezioni unite della Cassazione sulla questione delle notifiche al detenuto che ha eletto domicilio presso il proprio avvocato di fiducia. Secondo le Sezioni unite le notifiche devono essere effettuate esclusivamente al detenuto. Nel caso di Pamela le notifiche relative agli accertamenti irripetibili utilizzati per l’autopsia erano state invece effettuate all’allora suo avvocato di fiducia e ciò comporterebbe l’inutilizzabilità degli accertamenti autoptici su cui si fonda in gran parte la pronuncia di condanna per l’omicidio.
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