Medico ospedaliero: «Ho contratto il virus dopo il vaccino, ma la dose mi ha evitato il ricovero»

Il medico ortopedico Mehreb Al Mehraby
Il medico ortopedico Mehreb Al Mehraby
di Emanuele Pagnanini
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Giovedì 8 Aprile 2021, 03:50

CIVITANOVA - «Grazie al vaccino non si sviluppa la malattia anche se si è positivi». È il messaggio che lancia il dottore Mehreb Al Mehraby, ortopedico in servizio all’ospedale di Civitanova. Ci sono evidenze scientifiche che suffragano questa tesi, ormai consolidata. Ma ad ulteriore conferma, il medico riporta la sua esperienza personale. Non solo lui, anche la moglie e un fratello, tutti e tre medici e tutti e tre vaccinati, hanno contratto il virus dopo aver completato il ciclo vaccinale (prima dose 7 gennaio, seconda il 21). 

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Contagiati anche i suoi genitori, come un altro fratello ma con esiti ben differenti: ricovero in ospedale e polmoniti per il padre e la madre (giovani, poco più di 50 anni); addirittura una gravissima insufficienza respiratoria per un altro fratello di 33 anni, che si è salvato solo grazie alle infusioni di plasma iperimmune. «Il Covid è la patologia che sviluppa il virus – spiega Mehreb Al Mehraby –.

Grazie al vaccino, i rischi di complicazioni gravi come polmoniti, embolie, etc, praticamente scompaiono. Io ho completato il ciclo vaccinale il 21 gennaio, ad inizio marzo ho avuto un forte raffreddore e il tampone è risultato positivo. Dopo tre giorni non avevo più alcun sintomo. Stessa cosa mia moglie, anch’essa medico. Invece mio padre, mia madre e mio fratello hanno avuto gravi polmoniti e sono finiti in ospedale. Ma mio fratello, di soli 33 anni, mai fumato e sportivo, praticamente non riusciva più a respirare. Alla Murg dell’ospedale di Civitanova era stato disposto il trasferimento al Covid hospital per essere intubato. Prima, però, hanno fatto l’ultimo tentativo con una trasfusione di plasma iperimmune. E nel giro di 6 ore, dopo due sacche, stava molto meglio e necessitava solo dell’ausilio di ossigeno ora è stato dimesso. Questo per dire ciò che è vitale vaccinarsi. Una famiglia, stessa genetica, stessa carica virale e stessa variante (quella inglese), esiti completamente diversi. Io e mio fratello abbiamo solo un anno di differenza».

Il medico ortopedico, nato in Libano 34 anni fa, vive in Italia da 17 anni. Qui si è laureato. Da tre giorni ha ripreso il lavoro. «I miei colleghi, gli infermieri, gli Oss, i tecnici di laboratorio ma anche il personale di pulizia ospedaliero sono gente con gli attributi. Sanno quel che fanno e lo fanno bene, anche con molta umanità. Ricordo delle Oss che consolavano mia madre mentre il figlio stava per essere intubato». 

«L’organizzazione è eccellente - prosegue -, non c’è un solo secondo in cui i pazienti sono lasciati soli, ad ogni valutazione segue una procedura medica ma anche un’alternativa se non funzionasse. In Libano se non hai assicurazione, non ti fanno neanche entrare: qui hanno curato i miei familiari senza chiedere chi fossero. Vaccinatevi e, chi può, doni il plasma».
 

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