Investe un cinghiale a Cingoli, ottiene 34.000 euro di risarcimento. La Regione Marche condannata dalla Corte d’Appello a 13 anni dell’incidente

Investe un cinghiale a Cingoli, ottiene 34.000 euro di risarcimento. La Regione condannata dalla Corte d’Appello a 13 anni dell’incidente
Investe un cinghiale a Cingoli, ottiene 34.000 euro di risarcimento. La Regione condannata dalla Corte d’Appello a 13 anni dell’incidente
di Benedetta Lombo
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Martedì 9 Gennaio 2024, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 10 Gennaio, 08:51

CINGOLI Investe un cinghiale e nell’incidente riporta ferite gravi, a oltre 13 anni dal fatto i giudici dorici hanno condannato la Regione al pagamento dei danni, quantificati in circa 34.000 euro. Il grave incidente in cui rimase coinvolto un giovane di Cingoli avvenne il 2 ottobre del 2010. L’automobilista era alla guida dell’auto del padre e stava percorrendo la strada provinciale 25, la Cingolana, quando un cinghiale attraversò improvvisamente la strada. Il giovane non riuscì a evitare l’impatto con l’animale, l’auto si ribaltò e l’automobilista riportò delle lesioni a un braccio.  Dopo il fatto il giovane, in qualità di conducente dell’auto, e il padre in qualità di proprietario, citarono in giudizio, tramite l’avvocato Fabio Tiranti, per quanto di competenza la Regione e la Provincia per ottenere il ristoro dei danni subiti. Il processo celebrato dinanzi al giudice civile del Tribunale di Macerata si chiuse nel 2019 con il rigetto della richiesta di risarcimento e con la condanna al pagamento delle spese.

Padre e figlio

«Il Tribunale – spiega il legale Tiranti – ritenne che l’onere di fornire elementi di colpa a carico dell’ente pubblico era a carico del danneggiato».

Convinti invece del fatto che ci fosse una responsabilità oggettiva a carico dell’ente pubblico, padre e figlio, attraverso il loro legale, hanno impugnato la sentenza in Appello e, pochi giorni prima della fine dell’anno la Corte di Appello di Ancona, con sentenza pubblicata il 29 dicembre scorso, ha riformato la sentenza di primo grado condannando la Regione al pagamento dei danni subiti sia dal genitore proprietario del mezzo sia dal figlio che era alla guida. In totale circa 34.000 euro. «La Corte – ha commentato il legale – ha ritenuto la domanda risarcitoria, così come formulata in primo grado, giustamente riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 2052 del codice civile che presuppone la responsabilità oggettiva del proprietario dell’animale, come da orientamento ormai pacifico della Cassazione a partire dal 2020 in poi». L’avvocato Tiranti ha quindi espresso soddisfazione per i propri assistiti e «comunque per il fatto – ha aggiunto – che anche la corte marchigiana abbia riconosciuto che un soggetto danneggiato, nel caso di specie addirittura in maniera rilevante, a causa della fauna selvatica non possa non essere risarcito, seppur nei limiti dei presupposti di legge».

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