Nel Pesarese, la chiamano "crescia brusca"; nell'Ascolano, "crescia di Pasqua". Ma ha anche altri nomi come "ciaccia", "torta" o "pizza al formaggio". È quel lato salato della Pasqua non solo delle Marche ma del cuore dell'Italia. Lì dove gli Appennini fanno da cerniere e le tradizioni tengono insieme lembi di Toscana, dell'Abruzzo, del Lazio e tutta l'Umbria, regione che ha registrata questo pane al formaggio come Prodotto Agroalimentare del Territorio (Pat) presso il Ministero delle Politiche Agricole. Un gran lievitato, la "Pizza di Pasqua" che non s'improvvisa. Anzi, chiede scienza, conoscenza ed esperienza.
L'impasto
L'impasto deve essere lavorato molto a lungo per formare la maglia glutinica e favorire la lievitazione che deve essere doppia per regalare leggerezza. Una delizia del folklore che vanta un prestigioso curriculum letterario. È citata nelle Tavole Eugubine del III-II sec a.C, testo rituale in lingua umbra, etrusca e latina e pure da Catone nel suo trattato "De Agri Cultura" dove la "torta" si veste d'alloro. La ricetta dell'Antica Roma è anche molto semplice: tagliare 300 gr di formaggio, pestarlo nel mortaio e impastare bene con 150 gr di farina e mezzo uovo. Dare all'impasto una forma circolare. Ricoprire la teglia di foglie di alloro e posizionare sopra il libum (focaccia). Mettere il testum (coperchio contenente la brace) sopra la teglia, con carboni caldi sopra e sotto. Cuocere per 20-30 minuti fino a fare dorare. Originale con il camino ma funziona bene con un forno ventilato. Antica ricetta che tuttavia non sviluppa tutta la bontà delle attuali lavorazioni artigianali. Paola Testaguzza con il marito Sandro Argentati guida il "Forno del Borgo" a Sassoferrato.
Il format mignon
In un format mignon ma con una sorpresa. «Inserisco due pezzetti di taleggio - spiega - che danno un gusto intenso ma diverso. Fonde, regala intensità all'impasto e spezza quel tocco aggressivo del formaggio pecorino». Formato in una scuola di cucina francese, a lungo chef in un ristorante di Barcellona, Filipponi porta estro nella cucina jesina e usa la pizza al formaggio per esaltare salumi originali. Come quelli ottenuti dal maiale di razza Mangalica, il kobe dei suini, il maiale avvolto in una pelliccia lanosa. (www.osteriafornoercole.it) «La bontà della Pizza di Pasqua, nome da non collegare con la pizza di Napoli ma al termine latino medievale di focaccia conclude Francesco Civerchia, docente di pasticceria all'Istituto Alberghiero "Varnelli" di Cingoli nasce dall'equilibrio tra gli ingredienti. Il sapore piccante regalato dal pepe, dai vari formaggi non deve imporsi e sapiente deve essere il dosaggio dei vari formaggi».