L'imprenditrice Angela Velenosi: «Infanzia da caserma ma ero incontenibile»

L'imprenditrice Angela Velenosi: «Infanzia da caserma ma ero incontenibile»
L'imprenditrice Angela Velenosi: «Infanzia da caserma ma ero incontenibile»
di Laura Ripani
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Domenica 29 Ottobre 2023, 03:00 - Ultimo aggiornamento: 11:27

«La mia infanzia? La ricordo molto bene, soprattutto quando sfoglio le diapositive della vita quotidiana trascorsa in una famiglia». Angiolina Piotti Velenosi, per tutti Angela Velenosi “Signora del vino” arriva da Campli. Racconta un’infanzia rigida ma gioiosa, terminata abbastanza presto visto che a 20 anni si è sposata con l’ascolano Ercole Velenosi e la sua vita è cambiata radicalmente. 


La fiducia


Soprattutto grazie alla fiducia di suo suocero del quale ha uno splendido ricordo. Ma è lei stessa che racconta come si viveva una volta, periodo che ricorda comunque con nostalgia. «La mia - dice - era una famiglia patriarcale, con i nonni che vivevano a casa con noi. Una famiglia di un’altra epoca, dove le donne non si sedevano a tavola per pranzare o cenare. Molto legata alla tradizioni, della mia famiglia ricordo le tante regole da rispettare, con un nonno molto severo a capo di tutti che pretendeva che i bambini fossero piccoli soldati». Angiolina era la prima di tre figli, dopo di lei sono nati due gemelli. «A casa con noi - racconta - vivevano anche i miei due cugini, figli della sorella di mio padre, emigrata per lavoro in Germania. Aveva lasciato da noi i figli, e contando loro eravamo uno squadrone».

L’imprenditrice ammette di essere stata però «quella più terribile: la mia vivacità - sorride - era incontenibile. Ero l’organizzatrice dei giochi e spesso ero quella che dirigeva anche tutti i ragazzi più giovani. Ricordo che non tutti i miei giochi finivano bene. Mio padre era un commerciante di scarpe. Un giorno organizzai con i miei fratelli e cugini una gara: vinceva chi avrebbe fatto il mucchio di scarpe più alto. Inutile dire che a mio padre questo gioco non piacque per niente. Quante ne ho buscate!» Episodi come questo mi ricordano come, già da piccola, aveva fantasia spiccata e la tendenza a prendere il comando.

«Avevo solo tre anni e mia mamma doveva rientrare a casa con i gemelli dall’ospedale - continua i suoi aneddoti - : mia nonna aveva addobbato le due cullette con pizzi e nastrini. In un paesino di mille anime come il mio le nascite non erano un fatto privato: tutti sarebbero venuti a trovare i gemelli. Organizzai con i miei cugini una bellissimo guaio.

Prima decidemmo di svasare tutte le piante del terrazzo. Era il mese di maggio, e nonna aveva comprato tutti i fiori nuovi, ben disposti nei loro vasi. Visto che in quest’opera ci eravamo sporcati fin sulla cima dei capelli, misi i miei cugini dentro la vasca da bagno completamente vestiti. Nel frattempo una zia si accorse del disastro che avevo combinato e cominciò ad urlare, richiamando l’attenzione dei miei nonni. Sapendo di averla fatta grossa decisi che sarebbe stato meglio nascondermi. Mi venne in mente il nascondiglio perfetto, ed io ed i cugini, sporchi e bagnati, ci nascondemmo nella culletta dei gemelli».

Diciamo che Giamburrasca era un pivello rispetto a quella che poi avrebbe invaso mezzo mondo - con i vini della sua azienda. «Pensandoci ora mi viene da ridere - celia -, ero davvero incontenibile». I ricordi delle sue marachelle sono tutti contenuti nella vita di paese «che ho molto amato - ci tiene però a precisare -. Durante il giorno frequentavo il collegio delle suore, frequentato da ragazze della mia età. Studiavamo, imparavamo a recitare, a cucire, a disegnare. Al tempo stesso potevamo stare insieme e condividere i racconti. Erano suore meravigliose che ci hanno fatto vivere una fanciullezza serena. La parrocchia è stato il punto di ritrovo di noi ragazzi per molto tempo. Ci trovavamo alla messa delle 11, e per un periodo ho persino fatto parte del coro. Ricordo i giochi sulla strada, le campane disegnate con il gesso. Fin da giovane ho amato lo sport. Giocavo in una squadra di pallacanestro, il Campli Basket». 


L’istruzione


Il suo orizzonte si è ampliato quando si è iscritta al liceo scientifico di Teramo ma non troppo. «Era una vita semplice, la mia piena di momenti di gioia e di riti quotidiani: il pomeriggio passavo a prendere il pane al forno a legna. Aveva un profumo fortissimo, sento ancora oggi la tentazione di rubarne un pezzo quando è caldo contro la raccomandazione di mia madre di non mangiarne per strada. La mia giovinezza rappresenta un periodo dolce, finito presto. A 20 anni mi sono sposata e di lì è iniziata la mia vita da vignaiola. L’età adulta mi ha subito posto davanti grandi sfide, ma non mi ha tolto fantasia, vivacità e forse anche l’essere un po’ Giamburrasca».
 

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