Angela Velenosi, positiva al Covid: «Correvo e scoppiavo di salute. Ora vi racconto il mio calvario tra virus, eparina e antibiotici»

Angela Velenosi, positiva al Covid: «Correvo e scoppiavo di salute. Ora vi racconto il mio calvario tra virus, eparina e antibiotici»
Angela Velenosi, positiva al Covid: «Correvo e scoppiavo di salute. Ora vi racconto il mio calvario tra virus, eparina e antibiotici»
di Laura Ripani
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Mercoledì 18 Novembre 2020, 03:35

ASCOLI - Dalla Maratona di New York al dramma del Covid. Il virus picchia duro anche chi, come l’imprenditrice Angela Velenosi, non solo ha fisico, è stata attenta e non rientra nelle categorie a rischio: anzi dovrebbe essere salvaguardata dallo stile di vita sano e sportivo, dalla conoscenza delle informazioni più aggiornate. «Eppure da 14 giorni combatto contro i sintomi più seri della malattia» conferma la Signora del vino, terrorizzata soprattutto di finire in ospedale.


Ha avuto paura di morire?


«È stato un calvario e soltanto ora, dopo due settimane, ho trovato un minimo di forza per riprendermi. Sarà peraltro lunga ritornare a sprigionare l’energia di un tempo. Ma sono ottimista, ci vorrà un pochino, ma ce la farò. Anche se temo una ricaduta come è successo a una mia amica e a tratti ho avuto la tentazione di farmi ricoverare perché non vedevo alternativa». 


Però si è curata a casa. 


«Non è stato facile da sola nelle condizioni nelle quali ero piombata. Non riuscivo ad alzarmi dal letto, se lo facevo svenivo, non mi reggevo in piedi. Tremavo poi come una foglia e stavo la maggior parte del tempo con gli occhi chiusi, tossivo, avevo perso il senso del gusto e poi avvertivo dolori articolari, fiato corto e senso di oppressione al petto. Per non parlare del fatto che ero un bagno di sudore: mia figlia, Marianna, ha fatto 9 lavatrici in 5 giorni, le lenzuola si inzuppavano continuamente. Ecco perché ad un certo punto si è valutata anche l’ospedalizzazione alla quale, per fortuna, sono scampata». 


Ovviamente ha dovuto assumere farmaci.


«Un inferno. Io che non sto mai male, che non ho mai preso una tachipirina mi sono imbottita di antipiretici e antidolorifici, ma la febbre non scendeva. Sto andando avanti a cocktail di medicine, faccio 50 millilitri di cortisone al giorno, mi hanno cambiato due antibiotici e prescritto anche l’eparina. Se non ci si passa non si può capire. I dottori mi assistono telefonicamente, altrimenti come avrei fatto?». 


Si è fatta un’idea di come possa essersi infettata?


«Prima si è ammalato Costantino, il mio compagno, che ha sviluppato anche un principio di polmonite.

Un paio di settimane fa è rincasato e ha subito manifestato i sintomi della malattia. Febbre a 39. Ha fatto il tampone che purtroppo è risultato positivo. Io mi sono messa subito in isolamento ma non è bastato. Pochi giorni dopo è toccato a me. Per fortuna però nessuno dei familiari ha contratto il virus. I ragazzi (Matteo è l’altro figlio, ndr) vivono sulla costa, in azienda nessuno ha avuto conseguenze, sono tutti negativi. La produzione va avanti e proprio ieri è arrivata la bella notizia che il nostro novello è risultato il migliore d’Italia, con il punteggio di 89/100, secondo la giuria tecnica del XIV concorso nazionale dei Vini Novelli».


Come trascorreva le giornate?


«Delle consegne si occupava sempre Marianna, è stata il mio angelo custode. Veniva, ci portava i pasti, li lasciava fuori dalla porta e poi noi li consumavamo. Ma anche quella è stata una fatica immane perché proprio non me la sentivo». 


Adesso che sta un po’ meglio, cosa le lascia questa esperienza?


«Una riflessione di tipo politico, perché la politica siamo noi: è chiaro che migliaia di persone abbiano richiesto l’assistenza sanitaria nello stesso momento. Ed è anche vero che ognuno di noi conosceva già le carenze della nostra sanità. Gli ospedali al collasso sono forse argomenti nuovi? Chiamare eroi personale sanitario e infermieri non serve a capire come siamo arrivati qui. Vale più la pena parlare di una politica mediocre che ci ha riempito gli occhi di nulla, mangiando le basi della nostra vita sociale. Dove sono andati a finire i nostri soldi e le nostre tasse? Evidentemente non in ospedali, in infrastrutture o in scuole. Perché noi cittadini abbiamo accettato tutto questo? Cosa ci ha illuso? Cosa ci ha reso così distanti da chi decide? Perché parliamo di partiti e non di programmi? Perché discutiamo tra sinistre e destre se poi la gestione è uguale? Dopo tutto quello che stiamo passando, dopo aver visto i nostri cari soffrire, dopo un anno di chiusure, cos’altro aspettiamo per tornare alla politica con interesse e ascolto? Ecco, sono tutte domande che mi sono posta in questi giorni».

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