“Aruspice”, installazione che dura solo un giorno: sabato il progetto della pittrice Chris Rocchegiani a Pesaro

“Aruspice”, installazione che dura solo un giorno: sabato il progetto della pittrice Chris Rocchegiani a Pesaro
“Aruspice”, installazione che dura solo un giorno: ​sabato il progetto della pittrice Chris Rocchegiani a Pesaro
di Elisabetta Marsigli
3 Minuti di Lettura
Martedì 9 Gennaio 2024, 03:05 - Ultimo aggiornamento: 12:21

PESARO Il percorso espositivo di “Sondare l’altrove” ospita “Aruspice”, per includere, accogliere, comprendere e rigenerare lo spazio dello studio fotografico di Michele Alberto Sereni che, con l’artista Nevio Mengacci e la curatrice Milena Becci, ha ideato il progetto con la volontà di attivare connessioni.

Il percorso

Sabato, 13 gennaio, dalle ore 18 alle 20, all’interno dello studio pesarese (nel centro commerciale Mimosa, in via Federici), continua dunque il percorso di accoglienza iniziato nel 2018 con un nuovo appuntamento, della durata di una singola giornata, la cui protagonista è Chris Rocchegiani, pittrice iesina, che presenta un progetto installativo di grande intensità.

Un evento patrocinato da Pesaro 2024 Capitale italiana della Cultura e organizzato da Pelicula Studio Fotografico. Il luogo di lavoro, di attività certosina e progettazione, avvia un nuovo corso e nuove energie latenti emergono in modo più o meno marcato, sviluppando nuovi piani di profondità e prospettive trasversali, generando un ampliamento del senso comune e della visione. L’aruspice, presso gli antichi Romani, era il sacerdote designato all'esame delle viscere, e specialmente del fegato, delle vittime nei sacrifici. Era colui che verificava inizialmente se fossero ritualmente pure e, in seguito, anche per trarne indizi nell'interpretazione di prodigi. Ecco svelata l’origine del titolo di questa personale che prende avvio dallo studio del fegato di Piacenza, un modello bronzeo di fegato di pecora con iscrizioni etrusche, usato per l’appunto dai sacerdoti aruspici per le divinazioni, rinvenuto da un contadino durante l’aratura il 26 settembre 1877 nella località Ciavernasco, in provincia di Piacenza.

La ripartizione

Il manufatto si presenta suddiviso in 16 regioni marginali (che rappresentano la ripartizione della volta celeste) e 24 regioni interne. Ciascuna regione, sia interna che esterna, riporta inciso il nome di una divinità. Nella superficie del fegato, a destra, emergono tre protuberanze che corrispondono a tre elementi anatomici: la più piccola, di forma semi mammellare, rappresenta il processus papillaris, la seconda, molto simile ad una piramide, il processus pyramidalis, la terza, di forma molto allungata, la cistifellea. Gli etruschi ritenevano che il fegato rappresentasse l’origine del mondo e erano giunti a questa convinzione dopo aver osservato che, in ogni madre, la comunicazione con il feto avviene attraverso il cordone ombelicale che si connette al fegato (inciso sul modello bronzeo). Gli aruspici divisero il mondo in due parti: chiamarono destra quella che stava sotto settentrione e sinistra quella che era sotto la parte meridionale della terra. Chris Rocchegiani ha deciso di pensare allo spazio dello studio pesarese come se esso stesso fosse il fegato di Piacenza, orientandolo secondo le coordinate nord-sud-est-ovest. È così che in concomitanza delle tre protuberanze vengono installati tre lavori pittorici liberi sul davanti e sul retro che scandiscono lo spazio definendo un percorso, definito e arbitrario nello stesso tempo, in cui è centrale la forte e profonda volontà di connessione tra l’artista e sua figlia Bianca. Ingresso libero. Info: 3294969275.

© RIPRODUZIONE RISERVATA