Studentesse più brave dei colleghi ma il mondo del lavoro le penalizza

Studentesse più brave dei colleghi
ma il mondo del lavoro le penalizza

di Sauro Longhi
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Martedì 5 Dicembre 2023, 06:58

Giulia doveva laurearsi in ingegneria biomedica, doveva ancora scegliere il vestito per quel giorno che per tante ragazze e tanti ragazzi è un giorno di festa, finalmente di spensieratezza, dopo anni dedicati allo studio, all’impegno per dare certezze al proprio futuro di libertà e intraprendenza. Eppure, a discutere la propria tesi di laurea non è arrivata perché ha incontrato un orco che l’ha portata via. Ogni femminicidio è una sconfitta sociale e umana, è un dramma. La violenza e la cattiveria con cui si compiono lasciano sgomenti, increduli. Ma nel caso di Giulia forse lo smarrimento è stato maggiore, perché è stata uccisa una studentessa, una delle tante che frequentano le nostre aule e i nostri laboratori, una ragazza che voleva affrontare la vita con consapevolezza seguendo un percorso di studio che l’avrebbe resa indipendente, competente e libera di scegliere la propria vita. La violenza sulle donne si manifesta in tante forme e in molteplici luoghi compreso l’ambiente familiare, luogo di piccole e grandi violenze, fisiche ma anche psicologiche o economiche. Spesso conseguenza di pregiudizi e incapacità di riconoscere alle donne autonomia e libertà di scelta. Come evidenziato nel rapporto Censis appena pubblicato, oltre il 70% della popolazione è ormai convinta che la violenza sulle donne sia diventato un problema serio per la nostra società che di fatto non riconosce una parità tra uomini e donne. Le rilevazioni Istat individuano nei partner, parenti o amici gli autori delle forme più gravi di violenza, con il 30% delle donne che nel corso della propria vita hanno subito una qualche forma di violenza fisica e sessuale. In generale, le condizioni delle donne nell’ambito economico e sociale sono di oggettivo svantaggio soprattutto nel lavoro ad ogni livello e mansione. Da anni abbiamo più studentesse che studenti universitari con più laureate che conseguono il titolo, con voti mediamente più alti. Di fatto nello studio le studentesse sono più brave dei loro colleghi, lo vediamo anche nei corsi di laurea in ingegneria, dove le percentuali non sono alte, mediamente attorno al 20%, ma sono più brave, si laureano prima e mostrano un interesse maggiore anche nelle discipline STEM.

Se nelle nostre aule e laboratori primeggiano, poi nel mondo del lavoro la situazione si capovolge, spesso non raggiungono incarichi di responsabilità e mediamente guadagnano meno. Secondo l’ultimo rapporto di AlmaLaurea, tra i laureati di secondo livello a 5 anni dal conseguimento del titolo la differenza di genere è pari a 4.2 punti percentuali, il tasso di occupazione degli uomini è di quasi il 91% mentre quello delle donne si ferma poco sotto l’87%, così nella tipologia dei contratti, gli uomini hanno più contratti a tempo indeterminato. Le differenze di genere si confermano anche sul lato retributivo, sempre per i laureati a 5 anni, gli uomini guadagnano quasi il 13% in più, mentre le donne hanno più difficoltà a realizzarsi sul lavoro, solo il 66% delle donne svolge un lavoro a elevata specializzazione, mentre gli uomini sono quasi al 71%. Come superare queste disparità? Difficile dare una soluzione, basterebbe far prevalere il merito, l’impegno, le capacità che noi osserviamo durante il percorso di studio. Basterebbe riconoscere parità di salario a parità di mansione, in ogni tipologia di contratto lavorativo. Ricordo che nel recente passato esistevano imprenditori che prima di assumere una donna le facevano firmare una lettera in bianco, che si sarebbe trasformata in una lettera di dimissioni, una volta entrata in gravidanza. Spero che questa orribile consuetudine con gli anni si sia estinta, anche per la consapevolezza, sicuramente aumentata, del valore sociale oltre che umano della maternità. Ridurre le disparità ogni volta che si presentano, questa dovrebbe essere la regola, per abbattere ogni pregiudizio e incapacità di riconoscere alle donne autonomia e libertà di scelta. Forse avrei dovuto far scrivere questo articolo a mia figlia, dal suo punto di osservazione, con le sue sensibilità e le sue esperienze, avrebbe affrontato la questione con più autorevolezza e messo in evidenza aspetti e situazioni che molti di noi purtroppo non vediamo.

* Dipartimento di Ingegneria dell’informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche

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