Quei giacimenti culturali da scoprire con l’istruzione

Quei giacimenti culturali da scoprire con l’istruzione

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 12 Luglio 2023, 08:09

L’Italia, come noto, è fra i paesi con la più alta presenza di patrimonio storico, artistico e culturale. Una delle peculiarità del nostro paese è la diffusione di questo patrimonio sull’intero territorio e in tutti i centri urbani, anche quelli di piccola dimensione. Una caratteristica comprensibile se si considera che molte delle città italiane ha origini romane e la gran parte dei comuni può vantare origini almeno medievali. La conservazione e la valorizzazione di questo imponente patrimonio culturale pone notevoli problemi ed è opinione comune che esso non sia adeguatamente valorizzato. Da un punto di vista economico valorizzare implica generare un flusso di reddito, non necessariamente in modo diretto ma anche attraverso il contributo che il patrimonio culturale può dare ad altre attività produttive. Ad esempio, le industrie che fondano parte della loro competitività sulla creatività e sul design, come quelle della moda o dell’arredo. La familiarità e la vicinanza con questo straordinario patrimonio storico e artistico dovrebbe indurci ad una maggiore sensibilità per il rispetto dei canoni di bellezza e di ordine in tutte le manifestazioni della vita collettiva: da quelle materiali, come l’asseto urbanistico, a quelle immateriali, come le norme e le istituzioni che sono a fondamento dei comportamenti individuali e collettivi. Purtroppo, questa relazione non è affatto scontata e il nostro paese offre abbondanza di esempi che vanno nella direzione contraria. Sono numerose le città nelle quali è possibile trovare a breve distanza testimonianze eccelse di arte e architettura e veri e propri scempi nell’assetto urbano e nella qualità delle costruzioni. Per non menzionare la qualità delle istituzioni e dei servizi, pubblici e privati. L’anello di mediazione fondamentale in questa relazione è costituito dall’istruzione. Non è quindi del tutto implausibile che a spiegare queste contraddizioni sia anche il fatto che il nostro Paese figura agli ultimi posti nelle statistiche sull’istruzione, sia in termini quantitativi (la percentuale di persone con gradi di istruzione elevata) sia in termini qualitativi. Non è sufficiente la vicinanza fisica a questo straordinario patrimonio storico-artistico; occorre anche avere gli strumenti necessari alla sua comprensione e al suo adattamento alle esigenze del presente. È un discorso complesso ma che contribuisce a ricordarci la necessità per il nostro paese di aumentare l’attenzione e l’investimento nell’istruzione. E non solo quella rivolta ai ragazzi e ai giovani. Nel nostro paese è elevata l’ignoranza di ritorno, a causa della scarsa attenzione per il life long learning, cioè per quei programmi che consentono di mantenere vivi i processi di apprendimento lungo tutto l’arco della propria vita. Un apprendimento che dovrebbe riguardare non solo specifiche competenze professionali ma l’intero ventaglio delle competenze; da quelle linguistiche e scientifiche a quelle storiche e artistiche. Se siamo convinti dell’importanza del patrimonio culturale dobbiamo noi per primi metterci nelle condizioni di conoscerlo e apprezzarlo adeguatamente. Questa esigenza è poco sentita nel nostro paese poiché la valorizzazione del patrimonio culturale è pensata soprattutto in termini di fruizione turistica, meglio se da parte di stranieri. A questo scopo, sembra sufficiente preservare i beni al fine di renderli accessibili. La domanda turistica è in crescita costante in quantità ma non nella stessa misura in qualità, cioè nella capacità di interpretare e fruire adeguatamente dei beni oggetto di attenzione. Il turismo mordi e fuggi, che è il segmento in maggiore espansione, contribuisce sicuramente ad assicurare flussi di reddito ma pone notevoli problemi di sostenibilità ambientale e sociale, tanto che in alcuni casi si parla esplicitamente di over turism (cioè di sovraffollamento turistico). Ben fa, quindi, il governo regionale a stimolare la qualità dell’offerta turistica e, di conseguenza, la qualità della domanda piuttosto che la quantità. Ma non dovremo dimenticare che i principali fruitori, estimatori e custodi del patrimonio storico e culturale dovremmo essere noi residenti prima e ancor più dei turisti.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coordinatore Fondazione Merloni

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