Giovani, istruzione e ricerca per un futuro certo del paese

Giovani, istruzione e ricerca per un futuro certo del paese

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 26 Agosto 2020, 03:35
L’intervento di apertura di Mario Draghi al Meeting di Rimini ha avuto ampia eco sui media. Del discorso di Draghi sono state sottolineate soprattutto le indicazioni programmatiche che hanno insistito sulla necessità di investire maggiormente sui giovani e, di conseguenza, sull’istruzione e sulla ricerca. In estrema sintesi Draghi ha auspicato che le ingenti risorse pubbliche disponibili a partire dal prossimo anno siano destinate innanzitutto alle nuove generazioni, favorendo l’accesso all’istruzione e innalzando la qualità della formazione e della ricerca nel nostro paese. Oltre che favorire i giovani, ciò consentirà di aumentare in prospettiva la capacità di innovazione e di crescita dell’intero sistema economico. L’appello di Mario Draghi deriva anche dalla constatazione che il nostro paese è scivolato al penultimo posto nella Ue per tassi di istruzione della popolazione (superiamo solo la Romania) ed è da tempo agli ultimi posti fra i paesi avanzati per l’investimento di risorse pubbliche nell’istruzione e nella ricerca. In questo modo si sono penalizzate le nuove generazioni e si ridotte le potenzialità di crescita; l’Italia è ormai stabilmente agli ultimi posti fra i paesi dell’area Euro per tasso di crescita. Le questioni sollevate da Mario Draghi sono di grande rilevanza ma non si può dire che siano nuove. Negli ultimi decenni non vi è stato intervento da parte di figure istituzionali o leader politici nel quale non sia stata ribadita l’importanza di investire sui giovani come risorsa fondamentale per il futuro del paese. Già più di vent’anni fa l’economista Nicola Rossi, che è stato anche deputato per i Ds e per l’Ulivo, aveva scritto un libro dal titolo significativo: “Meno ai padri più ai figli”; nel quale auspicava un deciso cambiamento del sistema di welfare del nostro paese considerato eccessivamente gerontocratico. Il problema è che queste analisi, al pari degli appelli delle principali cariche istituzionali e dei proclami delle forze politiche, sono rimasti puro esercizio di retorica e non si sono tradotte in fatti: cioè in un significativo aumento delle risorse pubbliche destinate alle nuove generazioni. Né si può sostenere che il mancato impegno pubblico nell’istruzione e nella ricerca sia dipeso dalla precaria situazione della nostra finanza pubblica. Il nostro paese ha accelerato l’incremento del debito pubblico a partire dagli anni ’80 ma non certo per finanziare la spesa in istruzione e ricerca che nel tempo ha ridotto la sua quota e che nell’ultimo decennio è diminuita anche in termini assoluti. Il problema non è solo italiano, anche se nel nostro paese ha assunto proporzioni drammatiche. Alcuni studi recenti hanno dimostrato che una delle cause della progressiva riduzione nell’impegno di risorse pubbliche destinate a favorire i giovani e la crescita (come quelli nell’istruzione e nelle infrastrutture) è dovuta al progressivo invecchiamento della popolazione e delle élite al potere; dato lo scarso interesse della popolazione anziana per questo tipo di investimenti. E’ del tutto comprensibile che i pensionati mostrino avversione a sacrificare il loro reddito o i servizi ad essi dedicati per finanziare investimenti con ritorni nel lungo periodo; ritorni di cui essi non beneficeranno. Considerata questa situazione un sistema politico sano dovrebbe prendere decisioni che garantiscono l’equilibrio degli interessi fra le diverse generazioni. Non è così nel nostro paese dove al contrario la difesa dei livelli di benessere della popolazione anziana è sempre più messa a carico delle nuove generazioni. Organizzare il consenso su obiettivi di spesa che favoriscono lo sviluppo e garantiscono un maggiore equilibrio intergenerazionale spetterebbe ai partiti. I quali sono però sempre meno capaci di elaborare strategie di lungo termine sulle quali aggregare il consenso mentre appaiono sempre più cassa di risonanza degli interessi immediati e particolari delle diverse categorie di elettori. Per tale ragione è probabile che continueremo ad ascoltare appelli sulla necessità di investire sui giovani, e quindi sull’istruzione e sulla ricerca, ma con scarsi effetti sull’effettiva allocazione delle risorse pubbliche.

*Docente di Economia alla Politecnica delle Marche e coord. Fondazione Merloni
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