La condivisione dei talenti per la festa della Pasqua

La condivisione dei talenti per la festa della Pasqua

di Don Aldo Buonaiuto
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Domenica 10 Aprile 2022, 10:10

Con la Domenica delle Palme inizia per i cristiani la Settimana Santa. È il terreno ideale per riscoprirsi comunità e valorizzare i talenti che ognuno di noi ha ricevuto in dono: condividerli è il miglior modo per celebrare insieme la festa della Resurrezione. Ciascuno e tutti abbiamo la possibilità di riscoprirci unici e necessari per la crescita individuale e collettiva della nostra società. Mai quanto adesso c’è urgenza di stringerci attorno a progetti e iniziative che possano rendere riconoscibile l’identità della nostra fede e del nostro essere parte di una stessa unità. Nessuna persona è un’isola, ogni aiuto è prezioso perché contribuisce alla crescita della società e al miglioramento delle capacità di ciascuno. Tutto ciò troverà nella Via Crucis del Venerdì Santo la sua massima espressione unitamente al triduo pasquale che inizia con la Messa Crismale del Giovedì Santo dove i sacerdoti rinnovano le promesse fatte nel giorno dell’Ordinazione Presbiterale e il Vescovo consacra i nuovi oli santi. Ritornare a partecipare alla vita liturgica della Chiesa significa condividere il percorso che dal Golgota, passando per il silenzio del Sepolcro, conduce alla luce della rinascita Pasquale. In questo ultimo mese la solidarietà espressa anche dal popolo marchigiano verso i profughi ucraini è l’ideale completamento dell’impegno generoso e partecipe sempre testimoniato da questa terra così generosa. Sono fondamentali questi segni di fraternità e di vicinanza alle sofferenze dei nostri fratelli e delle nostre sorelle duramente provati dall’orrore della guerra. La Pasqua ormai alle porte ci insegna che non devono esistere motivi per continuare a dividersi, perché tutto è perso con la guerra, tutto può risorgere con la pace. Grande è l’esempio del nostro pontefice. Papa Francesco porta sul calvario contemporaneo le tante tragedie che segnano la quotidianità nel terzo millennio globalizzato. Dalla pandemia alla “guerra sacrilega” combattuta in Ucraina tra due popoli cristiani. Dalle violenze terroristiche che seminano morte e distruzione profanando il nome delle religioni ai conflitti della terza guerra mondiale combattuta a pezzi.

Ne deriva l’appello papale alla pace e alla riconciliazione nel riconoscimento dell’intrinseco legame che accomuna tutti i popoli della terra. Rendendo, come indicato nell’enciclica Laudato si’, l’unità superiore al conflitto. L’indifferenza verso il prossimo e verso il Creato rappresentano due aspetti della medesima realtà, perciò l’autentica attenzione alla famiglia umana non può scindersi secondo Francesco dalla sollecitudine verso la casa comune e il suo stato di salute. Bontà e misericordia sono due aspetti della stessa realtà: si tratta di vedere le modalità con cui si declina ora un aspetto ora l’altro. Esattamente sessant’anni fa Giovanni XXIII contribuì a scongiurare la catastrofe nucleare nella crisi missilistica di Cuba. Oggi il successore sul Soglio di Pietro che ha proclamato santo il Papa buono testimonia lo stesso impegno di pace. Una Pasqua di riconciliazione che superi lo “spirito di Caino”, ossia la logica dell’odio e della contrapposizione senza pietà. Nella Pasqua di pace di Francesco non c’è spazio per l’indifferenza che domina nel cuore di chi non riesce a voler bene perché ha paura di perdere qualcosa. Dal Crocifisso, come insegna l’apostolo Paolo, papa Francesco trae l’impegno a rinnegare l’empietà e la vanità del mondo, per vivere con sobrietà, giustizia e condivisione. Dentro una cultura dello scarto, che finisce non di rado per essere spietata, lo stile di vita del cristiano deve essere colmo di pietà, di empatia, di compassione, di misericordia attinte ogni giorno dal pozzo della preghiera. Una visione profetica, fatta di lungimiranza e tenerezza. Sul tavolo ci sono sempre i grandi temi: misericordia, comprensione, lo sforzo di vedere ciò che unisce, la disponibilità interiore ad affrontare le maggiori sfide della società del tempo, guardare all’interno e soprattutto all’esterno della Chiesa per ricucire le ferite. Perché, insegna Francesco, “un cristiano senza amore è come un ago che non cuce. Punge, ferisce, ma non cuce”.

*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
 

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