Il dialogo interreligioso priorità della convivenza

Il dialogo interreligioso priorità della convivenza

di Don Aldo Buonaiuto
3 Minuti di Lettura
Domenica 26 Luglio 2020, 04:20
Vasta eco internazionale è stata data in questi giorni alla vicenda dell’ex basilica di Santa Sofia che è stata trasformata in moschea per volere del presidente turco Erdogan. Dopo 86 anni si è tenuta la preghiera islamica del venerdì in quella che nell’anno 537 era stata inaugurata come chiesa cristiana sotto l’imperatore Giustiniano. Divenuta moschea nel 1453 con la conquista di Costantinopoli da parte degli Ottomani, era stata convertita in museo nel 1934 dal primo presidente della Turchia. La preghiera dei fedeli dell’Islam si è svolta con imponenti misure di sicurezza e alla presenza di circa ventimila agenti. Durante i riti le icone cristiane – in particolare quelle della Vergine Maria e dell’arcangelo Gabriele – vengono coperte, ma l’edificio sacro rimane patrimonio dell’Unesco e quindi è accessibile ai visitatori negli orari in cui non è aperto al culto. Numerose voci, sia in ambito cristiano che musulmano, si sono levate contro la decisione di Erdogan, definendola un’autentica provocazione e sottolineando il fatto che la preghiera non debba mai diventare occasione di divisione e lacerazioni. Papa Francesco si è detto «molto addolorato». Sulla vicenda si è espresso anche il Comitato per la fratellanza umana, composto da membri cristiani, musulmani ed ebrei, fondato il 20 agosto 2019 nella capitale degli Emirati Arabi per promuovere gli ideali contenuti nella “Dichiarazione di Abu Dhabi” firmata dall’attuale Pontefice e dal Grande imam di Al-Azhar. Oltre a lanciare un appello al presidente turco di riconsiderare la sua posizione, il Comitato ha invitato «tutti a evitare qualsiasi passo che possa minare il dialogo interreligioso e la comunicazione interculturale e che possa creare tensioni e odio tra i seguaci di diverse religioni, confermando la necessità dell’umanità di dare priorità ai valori della convivenza». L’unica via per la concordia fra i popoli è il dialogo interreligioso, senza rinunciare alla propria identità o cedere a forme di sincretismo, ossia l’approssimativa contaminazione tra differenti “credo”, ma percorrendo la strada della fraternità per tutta l’umanità, fonte del vero bene per ogni persona. La questione di Santa Sofia, pur nella sua criticità e per certi versi drammaticità, è un’opportunità per tornare a parlare dell’importanza della libertà religiosa e della tolleranza come prerogative fondamentali per il rispetto di quei diritti inalienabili della dignità di ogni uomo e donna. È realmente possibile superare i pregiudizi e i falsi timori lasciando invece spazio alla stima, all’incontro, allo sviluppo delle migliori energie a vantaggio di tutti. L’unico Dio, infatti, ci ha creati per il bene e desidera che ognuno viva nella pace come membro della stessa famiglia umana. Un tale clima, come scritto nella succitata Dichiarazione, contribuirebbe «notevolmente a ridurre molti problemi economici, sociali, politici e ambientali che assediano grande parte del genere umano» a partire «dall’enorme spazio dei valori spirituali, umani e sociali comuni». È ora che tutti cogliamo il senso di cosa significhi comunicare in modo costruttivo con l’altro – in particolare con chi proviene da realtà differenti dalla nostra – anche come prospettiva di apertura verso nuove intuizioni e conoscenze. «Nelle nostre diversità, ci troviamo davanti alla fede del Dio unico. Che Dio ci illumini e ci faccia trovare la strada dell’amore e della pace», aveva scritto nel 2006 Benedetto XVI nel libro d’oro del museo di Santa Sofia. Questo tipo di approccio è ricchezza perché rende fertile un discorso che potrebbe diventare sterile e arido; allo stesso tempo è ricerca di armonia, confronto tra valori e capacità di mettere a frutto i talenti della nostra intelligenza. Il vero dialogo interreligioso è una sincera volontà di raggiungere una condivisa unità di intenti nel rispetto per le posizioni più disparate, senza approdare ad assurde omogeneizzazioni. Dovrebbe, anzi, diventare desiderio di approfondimento della propria fede, delle sue origini, dei suoi testimoni… non solo da un punto di vista esclusivamente culturale, ma anche e soprattutto come ispirazione di vita e arricchimento spirituale.

*Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII
© RIPRODUZIONE RISERVATA