Non abituiamoci alla guerra, il mondo ha bisogno di pace

Non abituiamoci alla guerra, il mondo ha bisogno di pace

di Sauro Longhi
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Lunedì 7 Novembre 2022, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 10:44

Stiamo rischiando di abituarci a due condizioni apparentemente diverse ma strettamente connesse l’una con l’altra. Trascurare i cambiamenti climatici ed abituarsi all’idea di ritenere inutili ed economicamente dannose ogni possibile misura di contrasto, ma su questo ritornerò la prossima settimana visto che ieri è iniziata in Egitto la COP 27, la conferenza mondiale sul clima.

La seconda condizione è ritenere che la guerra in Ucraina si possa concludere solo con la vittoria di una parte sull’altra e continuare così per tempi prevedibilmente lunghi, abituandoci ad una interminabile guerra, come quelle del secolo passato. Lo ha detto il Presidente Sergio Mattarella «non possiamo abituarci alla guerra». Vanno cercate tutte le possibili soluzioni per imporre la pace e la manifestazione di sabato pomeriggio a Roma è il primo passo di un lungo percorso. Sono sempre più convinto che la richiesta di pace deve partire dal basso, dalle persone, attraverso movimenti di base che scuotano le coscienze e che, da tutte le piazze d’Europa, forzino la ricerca di una soluzione di pace. Il progetto dell’Europa Unita nato dalle ceneri delle Seconda guerra mondiale è ed è stato un progetto di pace, un progetto per coniugare sviluppo economico, inclusione, rispetto e valorizzazione delle differenti culture.

Ora si rischia di distruggere tutto questo in una continua escalation con una minaccia di armi nucleari che porterebbero ad una terza guerra mondiale. Spero di sbagliare, ma più passa il tempo e più reale è il rischio che corriamo. Stiamo tornado indietro di un secolo.
Il progetto di Europa Unita dovrà soprattutto contrastare, nei paesi aderenti, le tante diseguaglianze economiche presenti che poi spesso generano quelle culturali e sociali. Le politiche pubbliche dovranno essere indirizzate ad una maggiore equità sociale in termini di ridistribuzione delle risorse sempre più concentrate su poche persone. A livello mondiale, ma forse anche in Europa, l’1 per cento dei più ricchi possiede quasi la metà delle ricchezze.

Negli ultimi anni la digitalizzazione, la robotica e le innovazioni connesse hanno reso possibile un significativo aumento di produttività a cui però non è corrisposto un aumento dei salari. È aumentata la precarietà del lavoro, soprattutto per i più giovani, e spesso si è persa dignità nel lavoro, con posti sottopagati e con rischi per la sicurezza e la salute.

Il Covid e la guerra hanno incrementato queste dinamiche con seri rischi sociali. Le politiche pubbliche in materia di imposte, istruzione e lavoro possono e devono invertire le dinamiche in atto per ridurre il divario all’interno dei paesi. Una soluzione da condividere a livello europeo per immaginare politiche pubbliche che rispondano ai bisogni di tutti, un esempio, il salario minimo. Altrimenti torniamo indietro di un secolo.


Ma se proprio dobbiamo ritornare al secolo passato, riprendiamoci anche gli ideali che ne hanno guidato la seconda parte. Le generazioni uscite dalla guerra, sconfiggendo la dittatura, hanno saputo ricostruire un paese e fondare uno stato democratico su una costituzione edificata su principi di libertà, diritti inviolabili e eguaglianza e con il ripudio della guerra «come strumento di offesa e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali». Mi torna in mente una canzone dei Giganti che nel secolo passato cantavano: «era scritto in un cartello sulla schiena di ragazzi che senza conoscersi di città diverse socialmente differenti in giro per le strade della loro città cantavano la loro proposta … Mettete dei fiori nei vostri cannoni». Forse è tempo di riscoprire gli ideali e ridare voce a chi vuole la pace. Riportare la Pace in Europa è l’unica strada possibile per ridare libertà e indipendenza al popolo ucraino e contrastare il divario prodotto delle tante diseguaglianze culturali, sociali ed economiche. Con la pace scompariranno le tante speculazioni che ogni guerra si porta dietro e forse potrà avviarsi una ripresa economica indirizzata ad una più equa distribuzione della ricchezza. 

* Dipartimento di Ingegneria  dell’Informazione Facoltà di Ingegneria Università Politecnica delle Marche

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