Le categorie e i loro interessi sono il freno a mano del Paese

Iacobucci: «Le categorie e i loro interessi sono il freno a mano del Paese»

di Donato Iacobucci
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 27 Luglio 2022, 06:10 - Ultimo aggiornamento: 28 Luglio, 17:13

Fra le ragioni che hanno determinato la caduta del governo Draghi vi è stata l’opposizione di alcune forze politiche alle proposte di liberalizzazione in diversi settori, fra i quali le concessioni balneari e i taxi. Non è una novità. Nel nostro paese vi è una radicata avversione per la concorrenza ed un altrettanto radicato ed inspiegabile attaccamento alla difesa dello status quo e delle posizioni di rendita. Inspiegabile, poiché sono infondate le tesi a difesa dello status quo mentre sono evidenti i vantaggi associati alle liberalizzazioni. È comprensibile che chi vede minacciate le proprie posizioni di rendita si opponga al cambiamento; è meno comprensibile che queste argomentazioni vengano giustificate sulla base dell’interesse generale. L’interesse generale è da tutt’altra parte; ciò che viene difeso sono gli interessi di specifiche categorie, in palese contrasto con gli interessi della collettività. I precedenti in questo ambito non mancano e sono particolarmente significativi.

Chi, come me, è meno giovane ricorderà che fino a qualche decennio fa utilizzare l’aereo per gli spostamenti era molto costoso e la domanda di trasposto aereo limitata. Negli ultimi decenni i prezzi sono continuamente calati e la domanda è cresciuta in modo consistente. Nel solo mercato italiano il numero di passeggeri trasportato è raddoppiato negli ultimi vent’anni, malgrado il reddito disponibile delle famiglie sia cresciuto di poco. Ciò è stato possibile grazie al progressivo processo di liberalizzazione nell’accesso al mercato. Questo processo di liberalizzazione è iniziato da un dibattito accademico sviluppatosi negli Usa negli anni ’70 e che ha trovato in quel paese terreno fertile per passare dalla discussione accademica alla pratica. Un gruppo di economisti industriali aveva infatti dimostrato la possibilità di ottenere risultati ottimali per la collettività anche in mercati caratterizzati dalla presenza di pochi operatori, purché fossero garantite condizioni di contendibilità degli stessi, cioè la possibilità di entrata di nuovi operatori. Proprio per questa caratteristica la teoria è stata chiamata dei mercati contendibili.

La principale traduzione pratica di questo nuovo approccio teorico si è avuto con l’Airline Deregulation Act del 1978 che ha liberalizzato l’entrata nel trasporto aereo passeggeri in Usa, all’epoca dominato da poche grandi società.

E’ facilmente intuibile la feroce opposizione alla liberalizzazione scatenata da quelle società e l’attività di lobby da esse sostenuta; si paventavano disastri occupazionali, famiglie sul lastrico, interruzioni e disfunzioni nel servizio e, soprattutto, uno scadimento nella sicurezza dei voli. Naturalmente non è successo nulla di tutto ciò. La liberalizzazione ha favorito l’efficienza e l’innovazione, la riduzione dei prezzi e l’ampliamento della domanda. Senza alcun deterioramento della sicurezza, che anzi è cresciuta in funzione di regole di accesso al mercato e controlli sempre più stringenti. Alcune imprese meno efficienti sono uscite dal mercato ma altre ne sono entrate a seguito del continuo ampliamento della domanda, con conseguente e notevole incremento dell’occupazione.

Anche la Ue, a partire dal Single European Act del 1986 e a seguire con ulteriori provvedimenti agli inizi degli anni novanta, ha avviato un processo di liberalizzazione del settore che ha prodotto altrettanti benefici in termini di riduzione dei prezzi e crescita della domanda e dell’occupazione. Ciò ha incremento in modo straordinario le opportunità di spostamento per i cittadini europei e favorito la coesione fra regioni e stati. Anche i cittadini italiani se ne sono avvantaggiati, ma non le nostre imprese dal momento che l’unica preoccupazione dei governi italiani è stata quella di salvaguardare i privilegi di Alitalia piuttosto che favorire l’entrata di nuovi operatori. Una preoccupazione costata oltre 10 miliardi di euro ai contribuenti senza alcun risultato. Il nostro paese è vecchio non per ragioni anagrafiche ma per il pervicace e incomprensibile attaccamento alla difesa dello status quo e delle posizioni di rendita. Non meraviglia che molti giovani e imprenditori di talento cerchino opportunità altrove.

* Docente di Economia alla Politecnica delle Marche  e coordinatore Fondazione Merloni

© RIPRODUZIONE RISERVATA