Il profondo desiderio di pregare ora si esprime sui social network

Il profondo desiderio di pregare ora si esprime sui social network

di Don Aldo Bonaiuto
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Lunedì 27 Aprile 2020, 12:52
«Contemplare insieme il volto di Cristo con il cuore di Maria, nostra Madre, ci renderà ancora più uniti come famiglia spirituale e ci aiuterà a superare questa prova». Sono le parole che Papa Francesco ha indirizzato in una lettera a tutti i fedeli ricordando come nel mese di maggio, ormai alle porte, è consuetudine consolidata e pluricentenaria pregare il santo rosario. L’invito del Pontefice giunge in un periodo nel quale si denota, in taluni, una sincera riscoperta della tradizione religiosa e più in generale del sacro, della vita spirituale e della stessa fede. Semplici atti di preghiera sono divenuti momenti non certo marginali nella quotidianità di alcuni cattolici che magari prima si definivano non praticanti, ma che ora, di fatto, sono diventati devoti e assidui nella ricerca, in qualche forma, del contatto col Signore. Mai come in questo maggio i cristiani hanno bisogno di affidare la propria vita alla Madre di Dio. Il mese che sta arrivando è sempre stato pieno di appuntamenti dedicati alla Vergine, tra suppliche, pellegrinaggi, occasioni di preghiera, come la bella tradizione della Madonna Pellegrina. Al tempo della pandemia la fede è impossibilitata a esprimersi nelle assemblee, non per una mancanza di volontà, ma per una serie di restrizioni che sono state ragionevolmente imposte. Ma ciò non ha arrestato quel profondo desiderio di pregare che, nel nostro Paese e in tutto il mondo, si è sviluppato anche attraverso nuovi mezzi di comunicazione come i social network. Anch’io, che questi strumenti li utilizzo fondamentalmente per porre all’attenzione dell’opinione pubblica notizie di interesse comune, mai avrei pensato, prima del Covid-19, di realizzare dirette in streaming delle celebrazioni. Sono state le tante richieste dei fedeli a convincermi della bontà di tali iniziative che raggiungono concretamente l’obiettivo di abbattere le barriere della solitudine e di non far sentire più la gente senza la guida di un pastore. E così la nostra Ave Maria dal balcone per i malati di Coronavirus e per chi li assiste, iniziata circa sei settimane fa, è arrivata ormai a quasi due milioni e mezzo di partecipanti. Con questa preghiera abbiamo toccato con mano e compreso la natura globale dell’emergenza sanitaria in corso, e questo grazie alla moltitudine di collegamenti che continuiamo a ricevere via web da decine di Nazioni che si uniscono alla novena per senso di condivisione e per un sentimento autenticamente cattolico, secondo l’etimologia del termine. Un’altra proposta proviene dalla Conferenza episcopale italiana che affida, nella giornata del primo maggio – festa di San Giuseppe lavoratore – l’intero Paese alla protezione della Madre di Dio come segno di salvezza e di speranza. Il momento di preghiera avviene nella basilica di Santa Maria del Fonte a Caravaggio che fa parte della diocesi di Cremona, in provincia di Bergamo, luoghi simbolo della sofferenza e del dolore di questi giorni. Il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, spiegando come è nata questa iniziativa ha affermato che «i fedeli delle volte precedono i pastori. I pastori poi accolgono le loro richieste. Io ho ricevuto circa 300 messaggi, lettere, mail che magari, anche con sensibilità diverse, mi chiedevano questa consacrazione, o meglio si deve dire affidamento. Mi sono confrontato con i miei collaboratori e ho ritenuto che dovevamo dare una risposta, una risposta di fede e di amore alla Madonna e di umile supplica». E allora seguiamo l’invito dei nostri fratelli di fede chiedendo aiuto a Dio per le persone fragili, deboli e i tanti anziani che si sentono ancor più sofferenti, smarriti e scoraggiati perché non possono nemmeno ricevere quella agognata visita settimanale da parte dei propri affetti più cari. Invochiamo il sostegno del Signore anche per coloro che operano al servizio del bene, in campo sanitario e non solo, affinché agiscano sempre con attenzione, coscienza e spessore umano. Chi è cristiano, inoltre, è chiamato a testimoniare la fede manifestandola con comportamenti coerenti e senza timori. Se poi qualcuno, da solo o in compagnia, sentisse il bisogno di recitare in pubblico un’Ave Maria, non sarà di certo una vergogna o uno scandalo!.

*Associazione Comunità Giovanni XXIII
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