Destinati a rassegnarci al solito “giuridichese”

Destinati a rassegnarci al solito “giuridichese”

di Donato Iacobucci
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Mercoledì 10 Giugno 2020, 05:05
In un intervento di qualche settimana fa avevo notato che il Decreto rilancio varato dal governo e attualmente in fase di conversione fosse scritto nel solito stile “giuridichese”: quasi 500 pagine di difficile comprensione per i non addetti ai lavori e con continui rimandi a provvedimenti passati e futuri (il decreto rinvia ad oltre un centinaio di ulteriori provvedimenti attuativi). Proprio per queste ragioni molti commentatori hanno espresso dubbi sui tempi di applicazione delle diverse misure e, di conseguenza, sulla loro efficacia. Molto spesso nel nostro paese provvedimenti utili ed efficaci nelle intenzioni si sono poi persi nella fase applicativa per effetto di ciò che viene generalmente indicato come eccesso di burocrazia. Con questa etichetta si fa riferimento a due fenomeni: l’inefficienza dell’amministrazione pubblica, centrale e locale, e la farraginosità delle norme e dei regolamenti cui sono sottoposti i cittadini, le imprese e i funzionari pubblici. Sulle ragioni dell’inefficienza della pubblica amministrazione italiana esistono numerose interpretazioni. Alcune mettono l’accento sull’organizzazione complessiva della macchina amministrativa, altre sulle modalità di gestione dell’impiego pubblico. Oltre alla sostanziale inamovibilità delle posizioni, l’impiego pubblico è caratterizzato da un sistema di retribuzioni (e in qualche caso di carriera) che ha poco a che fare con l’impegno e la produttività e premia piuttosto l’anzianità. Il risultato è una bassa produttività e una scarsa propensione all’innovazione e al cambiamento. Non che manchino nel pubblico impiego persone di valore e situazioni di eccellenza; al contrario, vi è un’ampia variabilità di situazioni sia fra le diverse categoria sia al loro interno. Questo non cambia però il dato medio generale, caratterizzato da bassa efficienza e bassa produttività. Il secondo aspetto, quello della farraginosità delle norme, ha effetti anche più rilevanti poiché non riguarda solo la pubblica amministrazione ma anche i cittadini e le imprese. La proliferazione delle norme e dei regolamenti presente nel nostro paese non ha eguali fra i paesi avanzati. Una quantità che va a scapito della qualità e che genera situazioni di confusione e di incertezza. Nella migliore delle ipotesi queste situazioni allungano i tempi e aumentano i costi di procedure e adempimenti; nella peggiore scoraggiano o paralizzano l’azione: nel pubblico e nel privato. Nel nostro paese buona parte delle norme e dei regolamenti sono emananti nell’ipotesi che cittadini, imprese e funzionari pubblici siano generalmente propensi a delinquere nei confronti della cosa pubblica. Scopo delle norme è quello di prevenire o quanto meno contenere questa propensione. Il risultato è noto: l’efficacia repressiva verso i comportamenti fraudolenti è bassa mentre il sistema produce costi e inefficienze per tutti. Le cause di questa situazione vengono di solito ricondotte a radici lontane della nostra storia e della nostra cultura giuridica. Io suggerirei anche una spiegazione più prosaica. Nel nostro paese vi è un numero elevatissimo di persone il cui compito è quello di produrre, interpretare, applicare e far rispettare le norme. Se veramente attuassimo una rivoluzione nel senso della semplificazione dovremmo ridurrebbe drasticamente le persone impiegate in queste attività e il loro reddito. Le resistenze verso un tale cambiamento sono notevoli poiché toccano interessi rilevanti e ramificati in tutti gli ambiti della pubblica amministrazione e delle professioni. E’ difficile capire come affrontare questa situazione. I colleghi giuristi e gli operatori del diritto avrebbero le conoscenze e le competenze per indicare una via d’uscita, ma sono anche quelli che hanno meno incentivi per farlo. Quello che appare certo è che molto difficilmente questa situazione sarà risolta con qualche decreto di semplificazione. Sono anzi propenso a ritenere che anche questi decreti saranno emanati nel solito stile “giuridichese” e con la solita quantità di rinvii a provvedimenti passati e futuri. Con molta probabilità il risultato sarà un ulteriore aumento della confusione e della complicazione normativa. Non resta che rassegnarsi.

*Docente di Economia dell’Università Politecnica delle Marche
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