Che Cina è questa? Le imprese corrono più veloci della politica

Che Cina è questa? Le imprese corrono più veloci della politica

di Francesca Spigarelli
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Sabato 12 Novembre 2022, 03:10

La pandemia sembra averci allontanato dalla Cina, fisicamente (per il permanere delle restrizioni Covid) e sempre più nel sentimento comune, sia dei cittadini (a causa della vicinanza di Xi Jinping a Putin nel conflitto russo-ucraino) sia degli imprenditori (per le difficoltà di contatto e relazione con il mercato cinese). Sono tempi decisamente complicati per le relazioni internazionali, anche viste dalla nostra prospettiva locale e con gli occhi delle nostre imprese, flagellate da difficoltà continue che il mondo globale ci pone. Cosa sta avvenendo in Cina? Ci stiamo allontanando da Pechino dopo decenni di barriere abbattute, di amicizie riallacciate, di relazioni intrecciate con i nostri territori, le nostre istituzioni, le nostre imprese? La Cina ci appare ora guidata da un leader dalla legittimazione politica fortissima, dopo la chiusura del 20° congresso del partito di poche settimane fa. Il Paese è inesorabilmente (e senza evidenti ostacoli interni) proiettato verso la “modernizzazione completa” da realizzarsi entro la metà del secolo, attraverso l’implementazione piena del suo 14° Piano Quinquennale.

Cosa diventerà la Cina nei prossimi 5 anni? E’ semplice prefigurarlo: sta tutto scritto in quel Piano. Sarà sicuramente una Cina autocratica, determinata a raggiungere l’autosufficienza ed indipendenza tecnologica, capace di tendere la mano ai partner internazionali nella misura in cui ciò risulterà funzionale alla sua crescita interna ed alla sua espansione globale. Il tema della supremazia tecnologica è cruciale per la Cina; è la sua chiave per assumere la leadership geo-politica mondiale e insidiare la tradizionale superiorità dell’occidente. Per fare ciò, Xi ha già abbracciato amicizie (mortali?) con altri regimi autocratici negli ultimi anni. Allo stesso tempo, però, per Pechino le relazioni con le imprese occidentali (e i centri di ricerca e innovazione) sono essenziali per raggiungere un più alto livello di conoscenza e sviluppo. Le politiche cinesi non potranno prescindere dall’incoraggiare ulteriormente (ma in modo selettivo) l’ingresso di produzioni, tecnologie e servizi innovativi. Osservandola con occhi occidentali, la Cina appare sempre più come un “concorrente con visioni politiche inconciliabili”, come l’ha definita Filippo Fasulo dell’Ispi; un rivale che usa le armi del commercio e della tecnologia per ridefinire l’ordine economico mondiale, a proprio favore. Una metamorfosi completata in pochi anni.

La Pandemia è sicuramente stata uno spartiacque. Ha dato alla Cina un tempo sufficientemente lungo per sperimentare l’autosufficienza e l’isolamento (che tutt’ora sostanzialmente permane per ragioni sanitarie). Dall’altro lato, ha mostrato all’occidente la fragilità estrema di molte catene di fornitura internazionali, con la Cina pienamente capace di controllare l’accesso a materie prime, semilavorati, servizi logistici divenuti improvvisamente scarsi in Occidente.

L’asimmetria totale nelle relazioni commerciali è stata resa ancora più evidente con l’invasione Russa dell’Ucraina. In questo contesto, ha fatto (e continua a fare) molto clamore il viaggio diplomatico del Cancelliere Tedesco Olaf Scholz a Pechino. Primo leader occidentale a volare in Cina dopo la conferma della presidenza di Xi Jinping, Scholtz ha mostrato tutta la debolezza del fronte europeo e del disegno comunitario rispetto agli interessi nazionali. I rapporti commerciali tra Cina e Germania sono stati al centro degli incontri, svolti alla presenza delle principali grandi aziende tedesche. Le relazioni tra i due Paesi sono così strette ed imprescindibili che il Kiel Institute for the World Economy stima che una eventuale futura riduzione del commercio tra Unione Europea e Cina costerebbe alla Germania circa l’1% del suo PIL. Le dinamiche della missione tedesca hanno reso evidente come il mondo degli affari abbia spesso traiettorie diverse da quelle della politica. La distanza che si sta creando a livello diplomatico nelle relazioni Europa-Cina, non corrisponde affatto ad un minore interesse e ad una minore percezione di rilevanza del mercato cinese per le imprese occidentali, quelle tedesche (presenti alla missione di questi giorni) ma anche quelle italiane e della nostra Regione. “Business is business” si potrebbe dire.

Riflettendo con alcuni imprenditori del nostro territorio si conferma quanto la Cina resti un mercato di approvvigionamento essenziale per molte lavorazioni e rapporti di sub fornitura, nonostante le difficoltà che la logistica tuttora pone. Chi opera con proprie filiali in Cina conferma che grazie alla presenza diretta su quel mercato si ha la possibilità di accedere a materie prime ormai scarse in Occidente, guadagnandone in efficienza. Infine, la Cina è tuttora una destinazione imprescindibile per le produzioni di alta gamma del nostro Made in Italy, tanto è che non mancano progetti di apertura di unità commerciali “marchigiane” nelle provincie più ricche cinesi. Ma allora mentre i leader occidentali discutono del “decoupling” e della necessità di sganciarsi da un lato dalla dipendenza energetica russa e dall’altro dalla dipendenza commerciale da Pechino, le imprese sembrano avere già superato il dilemma. La Cina continuerà ad essere una meta cruciale sia sul fronte approvvigionamenti, almeno nel medio periodo, sia sul fronte delle vendite, soprattutto e in modo crescente nel medio lungo termine, quando 1 miliardo e mezzo di persone saranno transitate verso la condizione di sviluppo e modernità. 

*docente di Economia applicata all’Università di Macerata
delegata per la ricerca

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