Liquidazioni statali, l’Inps sblocca l’anticipo del Tfs ma fa pagare gli interessi. Primi versamenti a luglio

L’Istituto accelera i tempi sul prestito ai dipendenti garantito dalla buonuscita

Liquidazioni statali, l’Inps sblocca l’anticipo del Tfs ma fa pagare gli interessi. Primi versamenti a luglio
Liquidazioni statali, l’Inps sblocca l’anticipo del Tfs ma fa pagare gli interessi. Primi versamenti a luglio
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Domenica 25 Giugno 2023, 12:08

L’Inps accelera sull’anticipo della liquidazione agli statali a tasso agevolato, dopo che la Consulta si è espressa contro il pagamento differito del Tfs nel settore pubblico. Le prime erogazioni dovevano partire tra agosto e settembre, ma adesso l’istituto di previdenza, passato sotto la guida del commissario straordinario Micaela Gelera, punta ad anticipare i tempi a luglio. L’ente ha aperto ai prestiti del Tfs agli statali a febbraio. Per la lavorazione delle domande, però, sono necessari fino a 180 giorni. Troppi. Alla luce della sentenza della Corte Costituzionale, secondo cui il pagamento ritardato della liquidazione ai dipendenti pubblici in pensione si pone in contrasto con i principi della Carta, l’Inps adesso vuole fare prima anche per mandare una sorta di segnale di pace al popolo degli statali cessati dal servizio.  

IL MECCANISMO

A differenza delle banche, l’istituto non prevede limiti di importo sugli anticipi (gli istituti di credito non si spingono oltre la soglia dei 45mila euro). Non solo. I prestiti dell’Inps sono molto più convenienti, visto che al momento è previsto un tasso d’interesse dell’un per cento. Anche se verrebbe da chiedersi per quale motivo un lavoratore dello Stato deve pagare degli interessi su dei soldi che gli spettano di diritto. «L’interesse è calcolato sul periodo che va dall’erogazione del finanziamento alla data di esigibilità del trattamento più il periodo necessario per il relativo accredito», ha chiarito l’Inps a suo tempo. In banca, invece, il tasso supera ora addirittura il 4%, per effetto del rally del rendistato, che a giugno ha rasentato il 3,9% (all’inizio del 2022 viaggiava sotto l’un per cento e a gennaio del 2021 si attestava attorno allo 0,3%). Gli istituti di credito calcolano il tasso finale del finanziamento sommando il rendistato allo spread, che è sempre pari allo 0,40%.

A ogni modo, gli anticipi del Tfs dell’Inps, per quanto a buon mercato, non rappresentano la cura al problema. Al massimo in questa fase possono fungere da antidolorifico. I giudici della Consulta del resto sono stati più che chiari: ritardare il pagamento della liquidazione agli statali, hanno affermato, contrasta con i principi della Costituzione e in particolare con quello della giusta retribuzione, che non consiste solo nel ricevere pagamenti adeguati, ma anche tempestivi.

I giudici hanno anche rivolto al Parlamento un invito «pressante» affinché riscriva le norme sul pagamento della liquidazione e rimuova «gradualmente» l’ostacolo. 

IL PASSAGGIO

Tradotto: il Tfs è un diritto e non un prestito da chiedere alle banche o all’Inps. Come se ne esce? Diverse le ipotesi sul tavolo del governo in vista della prossima legge di bilancio. Una delle più percorribili consisterebbe nel pagare subito la buonuscita almeno ai dipendenti pubblici che guadagnano meno e che hanno maturato fino a 45-50mila euro di Tfs. Altra possibile soluzione: continuare a fare leva sull’anticipo bancario però senza che gli interessi gravino sulle tasche degli statali. In questo caso si tratterebbe di trovare le risorse per far sì che sia lo Stato a farsene carico. Altro nodo da sciogliere. L’impennata dell’inflazione nell’ultimo anno ha eroso i Tfs non incassati.

Dopo la sentenza della Consulta non è escluso che il governo autorizzi la rivalutazione delle somme trattenute dallo Stato, per le quali al momento non è riconosciuto nessun recupero dell’inflazione. Pagare subito il Tfs ai dipendenti pubblici avrebbe un costo di circa 14 miliardi di euro. Un conto destinato a diventare sempre più salato con il passare degli anni. Entro il 2033, infatti, oltre 1 milione di dipendenti pubblici andrà in pensione per raggiunti limiti di età, ovvero circa un terzo di quelli in attività al momento. Le uscite più significative si registreranno nella scuola (oltre 463 mila) e nella sanità (circa 243 mila). Oggi nel pubblico si contano 94,8 pensioni erogate ogni 100 contribuenti attivi. Erano 73 nel 2022. 

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