Melania, arrestato Salvatore Parolisi
«Omicidio aggravato dalla crudeltà»

Parolisi viene portato in carcere (foto Cristiano Chiodi - Ansa)
Parolisi viene portato in carcere (foto Cristiano Chiodi - Ansa)
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Martedì 19 Luglio 2011, 09:11 - Ultimo aggiornamento: 15 Agosto, 00:23
ROMA - Salvatore Parolisi stato arrestato per l'omicidio della moglie Melania Rea. L'ordinanza di custodia cautelare gli stata notificata nella prima mattinata. Scortato dai carabinieri, Parolisi uscito da un ingresso secondario della caserma "Clementi" di Ascoli, a bordo di un'auto senza contrassegni che si è diretta verso la caserma dei carabinieri.



«Io in carcere, l'assassino di mia moglie libero», ha detto Parolisi poco dopo la notifica dell'ordinanza.



Omicidio volontario pluriaggravato dal vincolo di parentela e crudeltà
(pena che prevede l'ergastolo) e vilipendio di cadavere in eventuale concorso con altri. Questi i reati contestati a Parolisi, che aprono anche alla possibilità che le ferite post mortem sul cadavere di Melania siano state inferte da una persona diversa rispetto al marito. Ipotesi che, comunque, gli inquirenti ritengono poco verosimile.



Pericolo di inquinamento delle prove e di reiterazione del reato sono i motivi principali per cui il pool di magistrati ascolani ha chiesto la detenzione in carcere per Parolisi, richiesta accolta dal gip Carlo Calvaresi. Ad inchiodare il caporalmaggiore sono stati i risultati dell'autopsia effettuata dai medici legali Adriano Tagliabracci e Sabina Canestrai, che hanno stabilito che Melania è stata uccisa proprio nel lasso di tempo in cui il marito dice di essersi trovato con Melania e la figlioletta a colle San Marco. Parolisi e la moglie uscirono dalla loro casa a Folignano tra le 14 e le 14.20 e lui ricomparve con la bambina, ma senza Melania, al pianoro intorno alle 15.30. Proprio in questo spazio temporale i medici legali hanno collocato la morte di Melania, avvenuta al Bosco delle Casermette come ha stabilito l'autopsia.



Salvatore Parolisi «ha fatto tutto da solo» quando uccise la moglie «al culmine di un litigio». È la convinzione «personale» del comandante provinciale dei carabinieri di Ascoli Piceno, col. Alessandro Patrizio, che ha incontrato la stampa dopo l'arresto del caporal maggiore. Secondo il colonnello Patrizio, quindi, Parolisi non avrebbe avuto complici nè nell'omicidio, nè nel successivo vilipendio di cadavere, con una serie di colpi inferti post-mortem sul cadavere.



Secondo inquirenti e investigatori Parolisi era stato messo alle strette tra le esigenze di Ludovica, che voleva presentarlo ai suoi genitori e aveva già prenotato un albergo ad Amalfi per il sabato di Pasqua, e il consueto tran tran familiare, con le feste di Pasqua a casa dei genitori in Campania con Melania e la piccola Vittoria. Forse «un uomo a due facce», incapace di gestire il conflitto e fare delle scelte, con Ludovica che gli inviava messaggi pressanti via Facebook: «non mi deludere», «che uomo sei?». Dall'altro lato una moglie «battagliera» come Melania, che non accettava la parola fine sul suo matrimonio. E che continuava ad intrattenere rapporti intimi con il marito, come quello, consenziente e non protetto, avuto pochi giorni prima della morte. Forse c'erano state discussioni in precedenza, ma per i carabinieri quel 18 aprile scoppiò una lite più esasperata. Forse Melania «toccò i tasti giusti», minacciando uno scandalo che avrebbe bloccato la carriera militare di lui, o di rivelare «alcune abitudini personali» del marito. Il risultato è stata un'esplosione di furia brutale. L'arma del delitto, mai trovata potrebbe essere un piccolo coltello a lama piatta, che molti militari posseggono.



Anche se nella richiesta di arresto e nell'ordinanza del gip viene ritenuta non infondata la possibilità che il vilipendio di cadavere sia stato effettuato in concorso con altri, per i carabinieri Parolisi sarebbe potuto tornare al bosco delle Casermette il 19 o addirittura il 20 aprile mattina, a ridosso della scoperta del cadavere, per sferrare altri colpi, incidere tagli (tra cui una forma di svastica sulla coscia) e infilare una siringa vuota usata sotto al seno della moglie. In questi giorni, sempre secondo il col. Patrizio Parolisi «ha fatto di tutto per essere visto», ma ci sono dei «buchi» nella scansione delle sue giornate.



L'inchiesta passa a Teramo. Melania Rea è stata assassinata il 18 aprile, mentre il cadavere è stato trovato il 20 aprile nel Bosco delle Casermette, nel Teramano. Il gip di Ascoli si è dichiarato incompetente per territorio, per cui gli atti dell'inchiesta passano alla Procura di Teramo. E' in questa provincia, infatti, che si trova Ripe di Civitella, la località dove venne ritrovato il cadavere. Il magistrato ascolano, in ogni caso, nei prossimi giorni sottoporrà Parolisi all'interrogatorio di garanzia, che entro i successivi 20 giorni verrà ripetuto dal collega di Teramo.



Legale famiglia Rea: arresto conseguenza delle indagini. «Era nell'aria - commenta il legale della famiglia Rea, l'avvocato Mauro Gionni - Ora bisognerà leggere l'ordinanza del gip. Ma già dalla perizia medico legale emergevano grandi elementi a carico di Parolisi. L'arresto è la diretta conseguenza delle indagini sin qui svolte».



«Speriamo che possa essere la fine di un incubo - ha detto Michele Rea, fratello di Melania, dopo l'arresto del cognato - Ci auguriamo che si possa arrivare a chiudere questo cerchio. E' una notizia che mi fa stare male, anzi malissimo. E adesso come facciamo con la bambina?». La bambina è la piccola Vittoria, 20 mesi, che porta lo stesso nome della nonna materna, e che dopo la morte della mamma è stata in parte con il padre, quando il lavoro glielo consentiva, e in parte con i Rea.



I familiari di Melania intendono chiedere l'affidamento temporaneo ai nonni materni di Vittoria. Il legale dei Rea, l'avv. Mauro Gionni, presenterà domani la relativa richiesta al Tribunale minorile di Napoli. La misura dovrebbe avere effetto solo per il periodo di permanenza di Parolisi in carcere.



Tra i comportamenti sospetti che per la magistratura ascolana testimoniano contro Parolisi, anche la vicenda del riconoscimento del luogo dove la donna venne ritrovata cadavere. Parolisi disse di aver riconosciuto il Bosco delle Casermette a Ripe di Civitella da alcune foto viste sul telefonino di Raffaele Paciolla, agente di polizia penitenziaria in servizio al carcere di Ascoli, che risiede nello stesso stabile di Folignano dove abitavano anche Salvatore e Melania con la loro bambina. Fotografie che Paciolla non ha mai scattato, come testimoniato dall'approfondito esame dei telefonini che spontaneamente Paciolla consegnò ai carabinieri di Ascoli. Parolisi si è poi corretto affermando di essersi confuso con le foto viste sui giornali che lo stesso Paciolla andò a comprare per lui il 21 aprile, all'indomani del ritrovamento del cadavere di Melania.



Per i magistrati ascolani un ruolo importante nell'omicidio di Melania Rea l'ha avuto la relazione fra Salvatore Parolisi e Ludovica P., la soldatessa conosciuta nel 235 Rav Piceno durante un corso i addestramento e della quale il caporalmaggiore era diventato amante. Molto importanti i messaggi scambiati su Facebook da Salvatore attraverso con l'avatar Vecio alpino, precipitosamente cancellato il 19 aprile, all'indomani della 'scomparsà della moglie. Messaggi che sono stati recuperati grazie a una rogatoria internazionale e dai quali si percepirebbe la pressione che Ludovica faceva su Salvatore affinchè lasciasse sua moglie per dedicarsi esclusivamente a lei.



Grande spazio nell'ordinanza agli accertamenti dei carabinieri del Ros sui telefonini di Melania e Salvatore. Il cellulare della donna è raggiunto alle 14,56, quando prova a contattarla l'amica Sonia Viviani con una telefonata andata a vuoto e con un sms: nella circostanza il telefonino di Melania, che secondo l'autopsia è ormai morta, tocca le celle di Ripe di Civitella con un'alta probabilità, il massimo che è possibile accertare attraverso lo studio delle celle che da solo non può dare certezze, ma livelli di probabilità basso, medio, alto. Anche il telefonino di Parolisi aggancia la stessa cella di Ripe. Le dichiarazioni di Parolisi circa la presenza sua, di Melania e della loro bimba a colle San Marco poco dopo le 14 non hanno alcun conforto, non solo attraverso lo studio delle celle telefoniche, che smentirebbero il caporalmaggiore, ma anche per le testimonianze di chi quel giorno a colle San Marco, nel primo pomeriggio, era presente. Per i magistrati di Ascoli è «impossibile» che Melania sia stata al pianoro il pomeriggio del 18 aprile, quando il marito ne denuncia la scomparsa. L'unico che dice di aver visto Parolisi, con la bambina e una donna (non meglio identificata) è Alfredo Ranelli, gestore di un chiosco-bar, ma per gli inquirenti si sarebbe confuso sull'orario di avvistamento che non può essere antecedente alle 15:26, quando la donna era già morta.



Quando Sonia Viviani telefona (14:53) e invia un sms (14:57) a Melania, il telefonino della giovane mamma assassinata aggancia una cella i cui numeri finali sono '451'. Si tratta di una cella tipica di Ripe di Civitella che può essere agganciata anche da colle San Marco, ma solo in una zona ben precisa e in particolari condizioni ambientali. Secondo le indagini di Procura e carabinieri, c'è però un testimone che escluderebbe con certezza la presenza in quella zona, nel primo pomeriggio del 18 aprile, di qualcuno, tanto meno di Melania Rea. Inoltre è stato analizzato anche il traffico telefonico effettuato il 18 aprile da carabinieri, vigili del fuoco, protezione civile, etc., che cercavano la donna al pianoro e nessun telefonino aggancia la cella 451. Parolisi inizia a telefonare alla moglie alle 15:26 e fa diverse chiamate fino alle 16:35 quando contatta il 112 per dare l'allarme. Tutte le sue chiamate agganciano la cella di colle San Marco, nessuna quella delle Ripe di Civitella.
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