Letta, la tela di Enrico e l’assist del Colle: così al vertice arriva la schiarita

Letta, la tela di Enrico e l’assist del Colle: così al vertice arriva la schiarita
di Alberto Gentili
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Venerdì 26 Aprile 2013, 08:48 - Ultimo aggiornamento: 08:54
ROMA - Comincio a intravedere un po’ di sereno.... A sera, lasciando Montecitorio dopo una maratona di incontri lunga un giorno, Enrico Letta non ha nascosto un filo di ottimismo. Anche se ci vuole tempo, «anche se i nodi restano». Un ottimismo frutto del lungo faccia a faccia con la delegazione del Pdl guidata da Angelino Alfano, ma soprattutto dei segnali di pace lanciati da Silvio Berlusconi dal Texas.



LA SVOLTA APPARENTE

Di colpo, come d’incanto, il Cavaliere e i suoi fedelissimi hanno smesso di fare la faccia feroce. Di gettare sul tavolo «condizioni inaccettabili» per il Pd. Nomi di «impresentabili» nel ruolo di ministro, che i parlamentari democrat non avrebbero potuto digerire. Ma non si tratta di un miracolo. In base a ciò che filtra dalla delegazione del Pdl e dai lettiani di stretta osservanza, si sarebbe mosso Giorgio Napolitano. Con una moral suasion particolarmente persuasiva, il capo dello Stato in un contatto telefonico intercontinentale Roma-Dallas, avrebbe delineato uno scenario «da brividi» per il Cavaliere. Uno scenario che suona più o meno così: se il governo Letta non dovesse ricevere la fiducia del Parlamento, mi dimetto senza sciogliere le Camere. E a quel punto il prossimo Presidente sarebbe Stefano Rodotà, o addirittura Romano Prodi, con i voti del Pd e dei Cinquestelle.



Da qui la svolta apparente. La frenata di Berlusconi, su cui pesano anche i buoni uffici di Gianni Letta, lo zio. Quel dire che il Pdl non si impiccherà ai nomi. Che perfino la restituzione dell’Imu va inserita «in un quadro generale». E soprattutto la frase: «Non voglio neppure pensare all’ipotesi di un fallimento di Letta». Tutti segnali di una svolta. Del resto, il Cavaliere sa bene che potrà quando e come vuole staccare la spina. Magari in autunno, più probabilmente nella prossima primavera. Farlo ora, con Napolitano sul sentiero di guerra, sarebbe troppo rischioso. Berlusconi non vuole andare alle elezioni additato dal capo dello Stato come il responsabile del fallimento.



GIRANDOLA DI INCONTRI

Letta e Berlusconi si dovrebbero vedere oggi pomeriggio (anche se Letta dice che «non è previsto») per siglare ufficialmente l’accordo. E domani, forse domenica, Letta scioglierà la riserva. Salirà al Quirinale con la lista dei ministri. Lo ha detto in un faccia a faccia con Alfano, dopo la visita alle Fosse Ardeatine per commemorare il 25 aprile e prima del vertice plenario con la delegazione del Pdl allargata a Denis Verdini, l’uomo che scende in campo per il Cavaliere solo nelle grandi occasioni. Al segretario del Pdl e a Verdini, Letta ha fatto un discorso chiaro. Ha detto di non voler accettare diktat sui nomi dei possibili ministri, fatti apposta per mettere in difficoltà il Pd. Ma ha aperto a un accordo «condiviso e complessivo» sul programma. Restituzione dell’Imu compresa, probabilmente grazie a un’emissione di Bot ad hoc.



IL NODO DEI MINISTRI

Per evitare di uscire stritolato dal Risiko delle poltrone, Letta sta maturando l’idea di fare di testa propria, in forza dell’articolo 92 della Costituzione che affida al premier la scelta dei ministri. Naturalmente Letta proverà a mediare fino all’ultimo, ma per scongiurare di cadere vittima del gioco dei veti contrapposti tra Pd e Pdl, alla fine sarebbe orientato scegliere in autonomia la squadra. «Del resto è un diritto-dovere del premier indicare i ministri che poi giurano nella mani di Napolitano», certifica il lettiano Francesco Sanna. E comincia a prendere corpo l’idea di presentarsi con «persone d’esperienza, ma che non abbiano 40 anni di carriera alle spalle». Ciò vuol dire che potrebbe cadere, ad esempio, il nome di Massimo D’Alema che si porterebbe con sé gli “sgraditi” del Pdl.



IL DISPIACERE LEGA

In una giornata che ha virato in positivo, un dispiacere è arrivato da Bobo Maroni. Mercoledì il segretario della Lega aveva fatto intendere a Letta che il Carroccio avrebbe potuto entrare nel governo. Poi, ieri, la doccia gelata. La Lega resterà all’opposizione. Anche per poter puntare sulle presidenza delle Commissioni di garanzia (Copasir, Vigilanza Rai, ecc.). «Ma avremo un occhio di riguardo», ha garantito Maroni.