Berlusconi prepara il divorzio da Fini
e dice ai suoi: «Tenetevi pronti alle urne»

Il premier Silvio Berlusconi
Il premier Silvio Berlusconi
di Claudio Sardo
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Martedì 27 Luglio 2010, 15:59 - Ultimo aggiornamento: 25 Agosto, 23:46
ROMA (27 luglio) - L’umore di Berlusconi ieri era cos nero che a Palazzo Chigi hanno pensato bene di diramare una smentita preventiva: falso qualunque commento a Fini venga attribuito al premier. In realt, chi è riuscito a parlare con lui ha sentito trattare il presidente della Camera come un avversario politico. Un’avversario considerato ormai irriducibile. Il Cavaliere vuole stanarlo, metterlo con le spalle al muro, costringerlo a scegliere: o restare nel Pdl alle sue condizioni o andare via. Per Berlusconi «avere l’opposizione in casa» è il fattore primo del suo logoramento. Perché produce un effetto moltiplicatore rispetto ai bombardamenti delle inchieste giudiziarie, al discredito presso l’opinione pubblica causato dalle varie cricche, agli affanni nell’azione ordinaria di governo.



Ora Berlusconi, dopo aver subito una dura sequenza di colpi (Scajola, Brancher, Cosentino, la modifica del ddl intercettazioni), pretende almeno che la legge sugli ascolti venga approvata alla Camera prima delle vacanze estive. Si aspetta che Fini non ostacoli la «forzatura» della maggioranza. Ma non è disposto a considerare l’eventuale via libera come un segnale di disgelo. Appena conclusa la sessione parlamentare, ha detto ieri ai suoi, si dedicherà alla «riorganizzazione del partito». E lo farà, ha aggiunto, anche perché «bisogna tenersi pronti». La riorganizzazione contiene la resa dei conti con Fini e può portare alla rottura politica, aprendo così la porta ad «elezioni anticipate» nella prossima primavera.



Forse il Cavaliere chiede di «tenersi pronti» anche per ragioni tattiche. Perché i finiani sappiano che lui è disposto ad andare fino in fondo. Che a tutti i costi vuole battere quella strategia di Fini che giudica degna di un «vietcong»: attaccare solo sul terreno della questione morale, della legalità, oppure sui simboli leghisti, e ritrarsi in difesa su ogni altro tema. Berlusconi intende portarlo sul terreno della lealtà al partito. Vuole organizzare un tribunale politico, un processo nel Pdl per colpirne la sua legittimazione. E che questo sia il clima è testimoniato anche dalla reiterata offensiva di La Russa sulle dimissioni da presidente della Camera e sul passaggio di Fini al governo.



Ma la risposta di Fini e dei finiani ieri è stata la richiesta di dimissioni del triumviro Verdini, dopo la sua rinuncia alla presidenza del Credito cooperativo fiorentino. Berlusconi ha preso le parti di Verdini. Ha respinto come irricevibile l’ipotesi delle sue dimissioni. Con Scajola, Brancher e Cosentino ha dovuto alla fine cedere per salvaguardare il governo. Stavolta è in ballo un ruolo di partito (per quanto di vertice) e Berlusconi spiega che, se il Pdl dovesse cedere all’offensiva mediatico-giudiziaria, tradirebbe il suo spirito fondativo. Ma neppure Berlusconi è in grado di dire se e quanto durerà la resistenza di Verdini. E quella di Cosentino, coordinatore Pdl in Campania (anche lui ieri attaccato da Fini).



E' chiaro che in questo clima è assai improbabile che si svolga quell’incontro tra Berlusconi e Fini, a cui qualche mediatore ha continuato a lavorare sotto la tempesta. A spingere il Cavaliere a più miti consigli sono tra l’altro personaggi cruciali come Letta e Confalonieri, che immaginano altrove la frontiera più pericolosa. Ma Berlusconi non ne può più di subire sconfitte dal presidente della Camera, peraltro dopo aver negoziato tregue e intese parziali. Peraltro, secondo il Cavaliere, il redde rationem potrebbe anche ridimensionare le truppe di Fini fino a renderle non più essenziali: così la legislatura potrebbe procedere anche senza Fini in maggioranza. Tuttavia, la strategia pare un po’ incerta anche ai suoi. Può darsi che la riorganizzazione del Pdl porti al famoso coordinatore unico. Ed è sempre intenzione di Berlusconi rilanciare un’offerta all’Udc di Casini: ma se c’è un’offerta irricevibile per Casini è proprio quella di concepire l’allargamento della maggioranza come una sostituzione dei finiani.
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