Arruolare foreign fighters e lupi solitari. Finanziare, coordinare e perfino guidare un’organizzazione terroristica. Nascondere in casa armi ed esplosivi. Sono reati gravi, puniti duramente dal codice penale. Ma potranno essere commessi dagli agenti infiltrati dei Servizi segreti italiani se serviranno a prevenire o sgominare le cellule di jihadisti pronte a colpire in Italia e in Europa.
LA RIFORMA
La riforma a cui lavora il governo punta ad ampliare il raggio di azione degli 007 sotto copertura. E assestare così un colpo alla minaccia terroristica che è tornata a scuotere l’Europa dopo il massacro di Hamas in Israele e il risveglio dei “lupi solitari” decisi a emularne le gesta nel Vecchio continente. Al provvedimento, di cui è stato informato il Copasir, lavora da settimane Palazzo Chigi sotto la regia del sottosegretario con delega all’intelligence Alfredo Mantovano. Doveva rientrare nel “pacchetto sicurezza” approvato nel Consiglio dei ministri di giovedì, ma all’ultimo la premier Giorgia Meloni ha ritenuto di dover trovare un contenitore più appropriato per una riforma così delicata, forse un nuovo disegno di legge ad hoc.
Il testo, visionato dal Messaggero, punta ad ampliare notevolmente le “garanzie funzionali” degli 007 delle due Agenzie italiane per l’interno e l’estero, l’Aisi e l’Aise. Ovvero la lista dei reati che, se espressamente autorizzati dai vertici, gli operativi dell’intelligence infiltrati fra i terroristi possono commettere senza rischiare di finire a processo, per mantenere coperta la loro identità e portare avanti con nuovi strumenti lo smantellamento delle cellule nel nostro Paese. Alcune di queste norme trovano già da anni applicazione pratica. Ad oggi, la legge quadro dei Servizi italiani (124 del 2007) prevede infatti la possibilità per gli agenti infiltrati di “partecipare” a un’associazione mafiosa o terroristica per studiare mosse e profili degli affiliati. Il nuovo intervento “mette a sistema” queste pratiche, ma ne prevede altre. Per dare la caccia ai lupi solitari, le menti fragili o deviate più permeabili alla propaganda del terrore, gli 007 dovranno rendersi credibili ai loro occhi, mimetizzarsi. Se necessario, sarà loro richiesto di vestire i panni dei reclutatori, di setacciare il web con una falsa identità per “mappare” la rete dei jihadisti e degli aspiranti attentatori. Nessuna “licenza di uccidere” come quella di James Bond: ovviamente la legge vieta espressamente, tra le garanzie funzionali, il ricorso alla violenza contro altre persone, tanto più quella letale.
Certo però, se la riforma sarà approvata, i margini di azione degli agenti italiani saranno molto più larghi. Tra i reati non perseguibili per gli infiltrati rientreranno la partecipazione a banda armata, l’apologia del terrorismo, il reclutamento dei foreign fighters, i fondamentalisti pronti a combattere all’estero, così come il loro addestramento.
IL FARO SUI FONDI
Non è un caso se fra le novità c’è anche il rafforzamento dei poteri ispettivi dei Servizi sui finanziamenti occulti che in Italia e in Europa foraggiano le casse delle cellule jihadiste. Serve a «colmare un deficit informativo», spiega il governo, «in relazione a esigenze riconducibili a obiettivi selettivi, inserendo Aise e Aisi all’interno del circuito di cooperazione già esistente tra le Forze di polizia». In attesa della riforma del comparto intelligence che sarà al centro dell’agenda il prossimo anno, il governo alza l’asticella della sicurezza. Non c’è solo la minaccia jihadista. Tra le righe del testo abbozzato a Palazzo Chigi un articolo specifica che la collaborazione della Pubblica amministrazione così come di partecipate e controllate dello Stato con gli 007 italiani non è facoltativa, ma obbligatoria. Segnali di un sistema che rafforza gli anticorpi a 360 gradi.