ROVIGO - Sentiva le voci di altre donne, credeva che il marito la tradisse, che desse soldi a un'amante, che volesse cacciarla di casa per viverci con un'altra donna, con la quale sarebbe stato in contatto attraverso un microchip; lei glielo cercava nelle orecchie mentre dormiva. Poi, il 21 luglio scorso, lo ha ucciso colpendolo con un'accetta, ha trascinato il cadavere in bagno e lo ha squartato, mettendo i pezzi in sacchi neri che ha stivato nel congelatore e che poi, nottetempo, è andata a gettare nell'Adigetto insieme ai coltelli. Poi ha pulito tutto. E per giustificare l'assenza del marito, ha detto che se n'era andato via di casa, che l'aveva abbandonata. Una bugia che ha retto fino a quando dall'Adigetto non sono stati ripescati i resti del cadavere. Dove è il confine fra follia e lucidità in questa storia cruda e drammatica?
La perizia
Una domanda sulla quale ieri si sono confrontati due esperti, di fronte alla Corte d'Assise del Tribunale di Rovigo. Si è aperto, infatti, il processo a Nadire Kurti, la 68enne accusata dell'omicidio, distruzione e occultamento del cadavere del marito, Shefki Kurti. La difesa, affidata all'avvocato Franco Capuzzo, ha accettato l'acquisizione di tutto il fascicolo con gli atti d'indagine del pubblico ministero Maria Giulia Rizzo, in una sorta di abbreviato sui generis, visto che questo rito alternativo, che permette sconti di pena, non è percorribile in caso di omicidio. Quella di ieri, dunque, è stata l'unica udienza, perché nella prossima, il 26 maggio, ci sarà già la discussione con la richiesta dell'accusa e l'arringa della difesa. L'unico punto su cui si è ritenuto necessario un confronto approfondito non riguarda i fatti, che la donna ha poi ammesso con una lunga confessione, bensì il suo stato psichico, presupposto stesso del processo. Nadire Kurti, che dopo il ricovero in Psichiatria si trova ora nel carcere femminile di Verona, soffre di una sindrome delirante psicotica, con allucinazioni, per la quale è in cura dal 2014. Il delirio cronico di gelosia, codificato in psichiatria, purtroppo non di rado può sfociare in comportamenti aggressivi e pericolosi. Decisivo per tutto il procedimento penale è capire la capacità di intendere e volere dell'imputata, nonché la sua capacità di stare in giudizio.
Sindrome delirante psicotica
Per il dottor Finotti, la donna è in grado di stare in giudizio, seppur la sua capacità di intendere fosse grandemente scemata al momento del fatto. Lo stato di coscienza alterato del delirio è di tipo diverso rispetto alla schizofrenia, ha spiegato, e nelle fasi successive all'omicidio la donna avrebbe mostrato una lucidità e una capacità di esecuzione di alto livello. Il professor Sartori ha invece distinto fra la fase di esecuzione dell'omicidio, dove il suo comportamento sarebbe stato guidato dal delirio, e quella successiva, fuori dall'influenza della sua condizione clinica. In sostanza, potrebbe essere chiamata a rispondere solo di distruzione e occultamento del cadavere. Questione non facile da affrontare per i giudici popolari della Corte d'Assise presieduta dal presidente del Tribunale Angelo Risi e con Silvia Varotto giudice a latere. La difesa ha chiesto che fosse affidata un'ulteriore perizia, ma la Corte ha poi respinto la richiesta.
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