Laura Boldrini choc: «Tumore scoperto per caso. Ho temuto di perdere una gamba»

L'ex presidente della Camera racconta il proprio calvario: la paura, la sofferenza e quell'umanità condivisa in reparto. Nonostante certi pazienti...

Laura Boldrini e il tumore: «Scoperto per caso, ho temuto di perdere una gamba. Più dignità per i malati»
Laura Boldrini e il tumore: «Scoperto per caso, ho temuto di perdere una gamba. Più dignità per i malati»
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Domenica 10 Aprile 2022, 12:32

Laura Boldrini, l'ex presidente della Camera racconta la sua battaglia contro il tumore. Un male che lei conosceva bene e che si è ritrovata ad affrontare in prima persona, all'improvviso e per caso, durante il lockdown del 2020.

Laura Boldrini: «Il tumore scoperto per caso»

Laura Boldrini racconta la propria vicenda al Corriere della Sera: «Durante il lockdown cantavo l'inno di Mameli sul balcone e da lì chiacchieravo con i vicini. È così che ho conosciuto Laura Licci, osteopata, la prima persona della catena di coloro che mi hanno salvato la vita. Le raccontai che da un anno mi faceva male la gamba destra, ma pensavo che fosse solo un'infiammazione del nervo sciatico e avevo troppi impegni per fare accertamenti, oltre alla tendenza tipica delle donne a trascurarsi. Lei mi convinse a farmi vedere, il medico mi consigliò una risonanza magnetica ed è così che scoprii di avere una lesione tumorale al femore, un condrosarcoma. Da lì iniziai a fare esami di ogni tipo: Tac, Pet, Total body...».



Laura Boldrini: «Non accettavo di avere un tumore e temevo di perdere la gamba»

«Per me il tumore è qualcosa di familiare: mia mamma e mia sorella ne sono morte. Ricordo la morte di mia madre: l'avevo accompagnata fino all'ascensore per la camera operatoria e fu l'ultima volta che le parlai. Andò tutto male, finì in rianimazione e rimase attaccata ai macchinari per due settimane, prima di morire. Mia sorella Lucia aveva 46 anni: era molto religiosa e ha deciso di lasciare che avvenisse la volontà di Dio. Ho sempre contestato quella dimensione punitiva della fede, ma lei non volle cedere di un millimetro, rifiutando anche le cure pallative» - racconta ancora Laura Boldrini - «In quel momento non riuscivo a prendere atto della realtà: pensavo non mi riguardasse, che fosse un errore e che quelli non fossero i miei esami. Invece era tutto vero e iniziai a cercare informazioni online, per capire cosa potesse succedermi. Temevo di restare zoppa, di perdere una gamba o di restare inchiodata in un letto.

Dopo una vita passata a muovermi in missione nelle zone di guerra, avevo mille ipotesi davanti a me e mi facevano tutte orrore».

 

Laura Boldrini: «Ecco perché ho deciso di rivelare la malattia»

«Decisi di rendere pubblica la notizia perché pesano ancora i vecchi retaggi sul tumore: è ancora un tabù, una malattia considerata in modo diverso dalle altre. Invece è una condizione della vita, non avevo nulla di cui vergognarmi. Ho pensato che fosse giusto parlarne, per tre motivi: abbattere i pregiudizi che danno luogo a tanto disagio nei malati, condividere la condizione con chi l'ha vissuta e trasformare la battaglia contro la malattia in una battaglia di civiltà» - continua l'ex presidente della Camera - «Lo feci sapere subito, prima di tutti, ai miei tre fratelli: Enrico, Ugo e Andrea. E a mia figlia Anastasia, che ha 29 anni ma da dieci vive in Inghilterra. Lei voleva partire subito, ma non serviva: con il Covid in ospedale non l'avrebbero fatta entrare».

Laura Boldrini: «Dall'odio al rispetto, in ospedale si condivide la paura»

 
«Dopo la diagnosi, ripensai al direttore della Gazzetta di Lucca, che aveva invitato i lettori a pregare perché mi venisse un male incurabile, "meglio prima che poi": sarà stato contento. Trovo disgustosa questa aberrazione, per cui si sentono autorizzati ad augurarti la morte per mettere a tacere la tua voce. Eppure è successo qualcosa di strano: Matteo Salvini e Giorgia Meloni solidarizzarono con me e anche i loro follower, tranne qualche eccezione, iniziarono a trattarmi con rispetto. Questo dimostra che l'esempio dei leader è determinante, anche se in passato alcuni hanno tentato di aizzare i militanti contro l'avversaria, augurando ogni male e usando sessimo e misoginia come strumenti politici» - racconta ancora Laura Boldrini - «Fui ricoverata a Bologna nell'aprile 2021, in piena pandemia e con l'Emilia-Romagna zona rossa. Tutti i pazienti erano soli, avevano solo il cellulare per comunicare, ma alla fine tra pazienti si fraternizza. La mia prima vicina di stanza era una donna che passava tutto il tempo a gridare al cellulare in vivavoce. Un po' fastidiosa, ma appena ci ritrovammo da sole scoppiò a piangere. Eravamo in un reparto per malattie difficili, avevamo tutti paura di non guarire o di avere complicazioni. Ho pregato molto, ho avuto una formazione molto cattolica: entrare in sala operatoria ti mette a contatto con fragilità e ansie, e ti allontana dalla razionalità. In quel frangente mi sono rivolta a Dio come all'aspirazione ultima della salvezza».
 
 

Laura Boldrini: «Dopo l'operazione un altro paziente mi fece battute sessiste»

«Il professor Alessandro Gasbarrini è stato un eroe, è capace di operare per 15 ore di seguito. La mia operazione è stata breve ma complicata: tolti 25 centimetri di femore, inserita una protesi di titanio da 45 centimetri e dal peso di un chilo, incastonata da un lato in ciò che resta del femore e dall'altro nel bacino. Poi la terapia intensiva, dove perdi la concezione del tempo. Dopo ho sentito mia figlia al telefono, la tensione si era sciolta e iniziai a piangere» - racconta Laura Boldrini - «Al ritorno in camera trovai un uomo che, al telefono, inizia a vantarsi e a ridere: "Sì, sono in camera con una donna, sta qui accanto. L'hanno appena operata, non si può muovere. Vorrà dire che questa notte dovrò fare tutto io". Ero furiosa, come ci si può permettere di fare battute sessiste in quelle circostanze?».

 

Laura Boldrini: «Medici e infermieri straordinari, ora voglio battermi per i malati»

«Poi, mi hanno messo vicino Alice, una ragazza di 19 anni, timida e dolce, ma già costretta ad affrontare una durissima prova della vita. Era sempre timorosa di disturbare le infermiere, meravigliose come le dottoresse, i medici e i fisioterapisti: lo erano con tutti. Sono stata al Rizzoli e al Gemelli, ho trovato una professionalità e un'umanità straordinarie senza alcun privilegio. Gente che arriva alle 7 del mattino e va via alle 22 e deve affrontare casi delicati e pieni di dolore» - continua Laura Boldrini - «Ora sto bene, anche se ho una cicatrice di 35 centimetri e camminare non è più un piacere come prima, ma riesco a farlo con un rialzo sotto l'altra gamba, quella sinistra. Al ritorno a Montecitorio mi hanno applaudita anche gli avversari: mi ha fatto piacere e ora voglio battermi per i malati, per chi vive uno stigma che dura anche dopo la guarigione e non riesce ad accedere a crediti, mutui, polizze o adozioni. Non è vero che ho rimproverato il professor Gasbarrini, che mi ha salvato la vita: semplicemente, lui entrava in reparto dicendo "Buongiorno a tutti". Gli feci notare che eravamo in maggioranza donne, lui sorrise e da allora dice sempre "Buongiorno a tutte e tutti"».

 

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