Senza successo, l'imputato ha fatto ricorso alla Suprema Corte - contro la sentenza emessa dal Tribunale di Verona nel 2014 - sostenendo che i cani erano comunque stati trovati in salute, dai vigili urbani che erano intervenuti in soccorso dei due animali, e senza lesioni, e che non è provato che il collare antiabbaio «abbia recato sofferenze» ai suoi setter.
Gli 'ermellini', con la sentenza 3290, gli hanno risposto che utilizzare il collare antiabbaio integra il reato di maltrattamenti «in quanto concretizza una forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull'integrità psicofisica dell'animale».
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