Titò per la prima volta confessa di averla molestata; e lo fa, se pure in maniera informale, di fronte al procuratore aggiunto Domenico Airoma, che si era intrattenuto nell’aula 116 della quinta sessione della Corte di Assise di Napoli dove è in corso il giudizio, diretto dal presidente Alfonso Barbarano e dal giudice a latere Elisabetta De Tollis.
Il lungo monologo di Titò risuona nell’aula vuota.
Raimondo Caputo, racconta la sua verità con le mani strette nelle manette, appoggiato alle sbarre della gabbia degli imputati. «Dottò, ve lo ripeto. Sono un ladro, e qualche volta lo ammetto ho toccato l’amica del cuore di Fortuna». E poi arriva un’altra rivelazione. «Lo facevo e lo sapevano in casa. Sia Marianna, la madre della bimba, che la nonna Angela Angelino», quest’ultima già denunciata per falsa testionianza nel corso del processo. «Lo sapevano e non dicevano niente, dottò». Titò, che si era sempre dichiarato innocente rispetto alle accuse di pedofilia, per la prima volta da tre anni a questa parte esce allo scoperto con un outing clamoroso che spazza via la sua precedente dichiarazione spontanea in aula, quando qualche mese fa ripeteva «non sono uno che guasta i piccirilli».
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