Lungi da noi prendere le difese di qualche scriteriato che si è macchiato di gesti inqualificabili durante la partita di Coppa. Siamo i primi a chiedere provvedimenti certi perché episodi del genere non si ripetano: chi commette follie deve aver chiaro il concetto che poi purtroppo a pagare sono gli altri, quelli che se ne stanno tranquillamente a tifare per la propria squadra a qualsiasi latitudine. Anche in Eccellenza, sì. Perché per fortuna esiste ancora il piccolo grande calcio romantico, non solo quello del Var e delle televisioni a pagamento per gli unti del Signore.
E però: un anno e mezzo di squalifica dello stadio Diana è un provvedimento esagerato sia per le dimensioni dei fatti accaduti sia per una forma di rispetto per la città di Osimo e dei tifosi giallorossi, la cui stragrande maggioranza è un meraviglioso esempio di correttezza, con il non trascurabile merito di andare a frotte a seguire una categoria dilettantistica in casa e fuori.
E questo per un anno e mezzo. Una pena capitale, diciamocelo, che potrebbe condizionare in modo massiccio le speranze di risalita dell’Osimana verso la Serie D che per storia e pubblico meriterebbe abbondantemente. Il club ovviamente presenterà ricorso: l’augurio è che la sanzione monstre venga mitigata per non far sparire il calcio in una città che allo stesso calcio ha dato il cuore e l’anima. Perché con un anno e mezzo di buio il rischio diventa realtà.