«Mi ha trasmesso l’Hiv, voglio vederlo»
Ma Rebibbia non fa entrare Romina

«Mi ha trasmesso l’Hiv, voglio vederlo» Ma Rebibbia non fa entrare Romina
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Mercoledì 22 Maggio 2019, 04:35
ANCONA - Voleva un faccia a faccia con l’uomo che le ha cambiato per sempre la vita. Sarebbe stato il primo incontro, almeno al di fuori di un’aula di tribunale, dopo la scoperta fatta poco più di un anno fa di aver contratto l’Hiv. Con la diagnosi in mano, Romina Scaloni non aveva mai avuto l’occasione di un confronto diretto con l’ex compagno Claudio Pinti, l’uomo che le ha trasmesso la sieropositività nascondendole il suo stato di salute. Proprio per questo, circa un mese fa, la 40enne di Agugliano ha chiesto di vedere il 36enne condannato in primo grado (con il rito abbreviato) a 16 anni e 8 mesi di reclusione per i reati di lesioni personali gravissime e omicidio volontario. Quest’ultimo reato è legato alla morte dell’ex convivente Giovanna, deceduta nel giugno 2017 per una patologia tumorale connessa all’Hiv, trasmesso – dice la procura – dallo stesso Pinti. «Vederlo – ha detto Romina – è la chiusura di un cerchio. Mi serve come terapia per poter andare avanti dopo quello che è capitato». 

 

L’istanza per avere un contatto con il 36enne, è stata prima presentata al gup Paola Moscaroli e poi alla direzione del carcere di Rebibbia, dove è recluso Pinti dalla scorsa estate dopo un primo periodo passato a Montacuto. Le richieste sono state depositate dall’avvocato Alessandro Scaloni, legale di Romina. Il primo step è stato superato con successo.

Il giudice che il 14 marzo ha emesso il verdetto di condanna ha dato il nulla osta per l’incontro. Il carcere romano, invece, ha stoppato tutto. La risposta di Rebibbia è arrivata nei giorni scorsi, facendo recapitare parere negativo. Il contatto tra Romina e il detenuto non è possibile. Questo perché, almeno stando alle giustificazioni del carcere, il procedimento non si è ancora concluso. O meglio, devono essere ancora depositate le motivazioni della sentenza di primo grado e deve ancora tenersi, sempre che Pinti e i suoi difensori lo ritengano necessario, il giudizio d’appello. Dunque, tutto è ancora in piedi. L’ultima parola, comunque, sarebbe spettata al 36enne. Se anche la direzione carceraria avesse dato il nulla osta per la visita, lui avrebbe potuto rifiutare il faccia a faccia chiesto dall’ex compagna. L’ultimo incontro tra i due c’è stato in tribunale, durante l’udienza dove è stata emessa sentenza. Si sono visti in aula, ma non si sono parlati. Da quel momento, lui è tornato a Rebibbia (dopo un periodo di ricovero all’ospedale di Viterbo per il peggioramento delle sue condizioni di salute dettate da una grave immunodeficienza), lei ha maturato l’idea di avere un confronto definitivo con colui che le ha trasmesso l’Hiv. 

«Andarci a parlare – ha affermato Romina Scaloni – è una cosa che mi serve come terapia. Lo ho deciso insieme alla mia psicologa, Margherita Carlini. Da quanto ho avuto la diagnosi, non ho più potuto avere un incontro con Pinti. Non so neanche bene io cosa vorrei dirgli, ma so solo che mi sento di vederlo. Lui può anche stare zitto, sono io che voglio parlare. Incontrandolo, vorrei chiudere una fase della mia vita, un tassello che è rimasto aperto. Mi serve per andare avanti». Sul diniego del carcere: «È incomprensibile, non vedo perché il direttore del carcere abbia impedito questa visita. Non ha senso logico la scelta di Rebibbia. Doveva essere Pinti, casomai, a dire di no. Non si può decidere per gli altri. Comunque non è finita, ripresenterò l’istanza per vederlo». 
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