Travolto e ucciso sul ponte San Carlo a Jesi. Omicidio stradale: in due a processo

Travolto e ucciso sul ponte San Carlo a Jesi. Omicidio stradale: in due a processo
Travolto e ucciso sul ponte San Carlo a Jesi. Omicidio stradale: in due a processo
di Stefano Rispoli
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Sabato 20 Maggio 2023, 02:50 - Ultimo aggiornamento: 15:23

JESI Era uscito di casa per andare a trovare i nipoti, come ogni mattina, in sella alla sua bicicletta. Ma quel giorno - era il 17 ottobre 2017 - Mario Ciccarelli, pensionato di 78 anni originario di Cingoli ma jesino d’adozione, andò incontro alla morte, urtato da un’auto e poi travolto da un’altra sul ponte San Carlo. Per quell’incidente sono finiti a processo i conducenti dei due veicoli, una 52enne di Santa Maria Nuova e un 74enne di Macerata, accusati entrambi di omicidio stradale


La perizia 


Ieri in aula sono stati ascoltati i due consulenti nominati dal tribunale dorico, il medico legale Andrea Mancini e il perito industriale Fabio Beciani, che hanno ripercorso la dinamica del tragico incidente: secondo la loro versione, la Lancia Musa condotta dalla 52enne con lo specchietto retrovisore avrebbe urtato la bici in fase di sorpasso, facendo cadere il pensionato, che poi è stato investito, quando era già a terra, dalla Mercedes dell’altro indagato, difeso dallo studio legale Scheggia di Macerata, secondo cui non avrebbe potuto far nulla per evitarlo.

L'accaduto

Entrambi gli automobilisti si fermarono, i soccorsi furono tempestivi, ma il personale del 118 non poté nulla per salvare la vita al 78enne, morto per lo schiacciamento della cassa toracica e il perforamento dei polmoni.

La moglie, che ebbe un malore quando arrivò poco dopo sul luogo dell’incidente, insieme ai tre nipoti si è costituita parte civile tramite l’avvocato Marco Polita: chiedono un risarcimento di oltre 200mila euro. Le difese sostengono l’innocenza dei loro assistiti, risultati entrambi negativi all’alcoltest. 


In particolare, l’avvocato Massimo Montaruli, legale della donna che guidava la Lancia Musa, ritiene che l’indagata non solo non sia responsabile della morte del ciclista, ma nemmeno dell’urto perché, secondo i rilievi di parte, stava effettuando il sorpasso in sicurezza, senza superare la linea di mezzeria: ha prodotto documentazione fotografica che dimostrerebbe come i sorpassi in quel punto potrebbero avvenire in sicurezza, senza considerare il fatto che all’epoca non era ancora entrata in vigore la legge della distanza obbligatoria di un metro e mezzo dalle biciclette. Il processo è stato rinviato al prossimo 8 settembre per ascoltare i consulenti tecnici delle parti. 

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