Fuma dopo aver strozzato il piccolo
Papà killer verso il processo

Fuma dopo aver strozzato il piccolo Papà killer verso il processo
2 Minuti di Lettura
Domenica 27 Maggio 2018, 04:55
CUPRAMONTANA - I carabinieri del Nucleo investigativo di Ancona hanno concluso le indagini sull’infanticidio del piccolo Hamid, 5 anni, strangolato dal padre Besart Imeri il 4 gennaio scorso, in via Bonanni dove la famiglia macedone abitava. Una tragedia che scosse la comunità di Cupramontana. Il pm della Procura di Ancona Valentina Bavai, anche sulla scorta delle confessioni rese dallo stesso Imeri che ha ammesso di aver ucciso il figlio, ha chiesto che il 26enne - attualmente in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato - vada subito a processo senza l’udienza preliminare. Richiesta accolta dal Gip che ha chiuso le indagini. Il processo dovrebbe aprirsi a fine giugno.

 

La Procura di Ancona ha elementi chiari sulla colpevolezza del papà macedone, che ha ammesso nell’interrogatorio di aver strangolato suo figlio a mani nude, quel pomeriggio del 4 gennaio, nella loro auto, una Toyota Yaris parcheggiata davanti casa. Avrebbe detto alla moglie che andava a comprare le sigarette e a fare una passeggiata con Hamid, poi avrebbe fatto salire il bambino sul sedile posteriore. Ma da via Bonanni la macchina non si sarebbe mai mossa, perchè l’orrendo crimine è stato commesso lì. Lui si sarebbe seduto accanto al bambino, sul sedile posteriore e dopo averlo guardato per qualche istante, gli avrebbe messo le mani al collo, soffocandolo. Col figlio esanime, Besart si sarebbe acceso una sigaretta, fumando accanto al cadavere della sua creatura, uccisa per sua mano.

Solo poi avrebbe lanciato l’allarme ai familiari in casa, farfugliando di un incidente durante la manovra con la macchina. Ma durante l’interrogatorio dei carabinieri, Besart avrebbe ammesso di essere stato lui a uccidere il piccolo Hamid in preda a una forza sovrannaturale che si sarebbe impossessata di lui spingendolo a fare del male al figlio. Ancora sconosciuto il movente. Un gesto, un pianto, un capriccio potrebbe aver sconvolto il labile equilibrio mentale del padre. Ora l’avvocato difensore Raffaele Sebastianelli, che ha fatto spesso visita al suo assistito in carcere, sta valutando il da farsi. Ha tempo 15 giorni di tempo per chiedere un rito alternativo. «Era prevedibile che si andasse al giudizio immediato - spiega il legale - sto valutando la sua capacità di intendere e di volere. Farò il possibile affinché emerga la verità di questa triste storia e sullo stato psicofisico del mio assistito, è interesse di tutti capire se Besart era in sé».
© RIPRODUZIONE RISERVATA