L’allarme dell’oculista: «Fatica da computer poi subito al solleone. A rischio gli occhi»

Carlo Sprovieri, primario oculista all’ospedale di Fermo
Carlo Sprovieri, primario oculista all’ospedale di Fermo
di Edoardo Danieli
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Lunedì 25 Maggio 2020, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 09:47

Il ritorno alla luce, dopo la pandemia. Che cosa significa per gli occhi? Lo abbiamo chiesto a Carlo Sprovieri, oculista anconitano, primario del reparto di Oculistica dell’ospedale di Fermo.
«C’è stato e ci sarà un adattamento a un nuovo stile di vita. Ma non è una novità dettata dalla pandemia del Coronavirus».

Perché?
«Perché è un fenomeno che gli studi di oculistica hanno già evidenziato da tempo: lo sa che negli ultimi dieci anni i miopi sono decuplicati in Europa?».
 
No, ma perché accade?
«Perché con l’introduzione sempre più invasiva di dispositivi come computer e telefonini, cambia la funzione visiva e la natura tende ad adattarsi favorendo i miopi, cioè, per usare parole comprensibili a tutti, coloro che vedono meglio da vicino che da lontano. Quando questa funzione prevale sulle altre, la specie si adatta».

Ma quindi il problema sono i dispositivi con cui abbiamo convissuto durante il lockdown e con cui dovremo continuare a fare i conti nell’immediato futuro?
«Intanto sicuramente il computer e tutti i nuovi mezzi tecnologici producono stanchezza agli occhi perché hanno un’immagine satura di colori e cambiano a grande velocità. Questo, in base a problemi personali, possono provocare danni più o meno seri». 

Vuol dire che non ci può essere una diagnosi universale, bensì differenziata per ciascuna persona?
«Sì, detto che l’affaticamento è un problema per tutti, le conseguenze possono essere diverse e possono essere valutate solo se le persone hanno contezza della situazione visiva personale».

C’è troppa superficialità verso le condizioni della propria vista?
«Si dà troppo per scontato che vediamo e che, per lo più, vediamo bene. Ci cominciamo a pensare quando uno si accorge di vedere meno. Ma molti non sanno se hanno i due occhi uguali dal punto di vista della funzionalità, non sanno se hanno difetti visivi, laddove l’applicazione prolungata da vicino di immagini meno stabili e con colori saturi provoca sempre dei problemi».

Come rimediare?
«Già la medicina del lavoro prevede che ci debbano essere ampi tempi di recupero se l’attenzione della funzione visiva è prolungata per ore verso computer o dispositivi. Un altro aspetto rilevante è la lubrificazione, che riguarda un po’ tutti, ma soprattutto gli over 55 anni, perché comunque l’attenzione richiesta porta a lubrificare meno l’occhio e può provocare irritazioni. Inoltre c’è il rischio di avere asimmetrie tra i due occhi che può portare a sovraccaricare uno dei due».

Quindi?
«Sicuramente si imporrà un po’ più di prevenzione, dobbiamo trattare l’occhio in maniera meno istintiva».

Computer e smartphone, bisognerà comunque farei conti con una funzione visiva diversa?
«Di fatto è un’attività pesante per gli occhi, anche il muscolo ciliare che è il nostro zoom è sensibile alla stanchezza dovuta all’impegno prolungato. L’importante è essere sempre ben corretti rispetto ai difetti personali e all’equilibrio dei due occhi per evitare cefalea, spossatezza e bruciore degli occhi».

Un’ultima questione: torniamo al sole dopo mesi chiusi in casa. Quali i rischi?
«Il sole partecipa ad alcune delle patologie senili più importanti, in particolare la degenerazione maculare senile.

Da sempre e per sempre la prevenzione si impone. La protezione nei mesi caldi è importantissima soprattutto se si ha qualcuno in famiglia che abbia avuto patologie degenerative, che non sono prevedibili, ma sono prevenibili con lenti protettive che siano in grado di filtrare gli ultravioletti».

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