«Spregiudicato, ha sparato per uccidere». Il poliziotto ai domiciliari con il braccialetto

«Spregiudicato, ha sparato per uccidere». Il poliziotto ai domiciliari con il braccialetto
«Spregiudicato, ha sparato per uccidere». Il poliziotto ai domiciliari con il braccialetto
di Stefano Rispoli
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Giovedì 26 Gennaio 2023, 05:45 - Ultimo aggiornamento: 18:06

ANCONA  - Ai domiciliari, e con il braccialetto elettronico. Alessandro Giordano, il poliziotto che ha sparato al 21enne Nicolò Giommi ed è accusato di tentato omicidio premeditato, non potrà più uscire di casa fino al processo, a meno che il Riesame - a cui probabilmente si appellerà tramite i suoi avvocati Marco Chiarugi e Paolo Campanati - non disporrà diversamente.

Tecnicamente, il fermo attuato domenica, dopo la sparatoria in via Flavia, non è stato confermato dal gip Carlo Masini poiché una delle tre condizioni giuridiche richieste (in questo caso il pericolo di fuga) non sussisteva. 


Le motivazioni


Ma il giudice ha ritenuto opportuno applicare la misura cautelare dei domiciliari con tanto di braccialetto elettronico perché - spiega nelle 14 pagine di ordinanza - oltre ai gravi indizi di colpevolezza, emerge il concreto rischio di reiterazione del reato, considerata la pericolosità sociale del quarantenne anconetano.

Il gip, che ha accolto le richieste del pm Marco Pucilli, non ha lesinato aggettivi aspri per tratteggiare la personalità del poliziotto e descrivere il suo comportamento, giudicato “spregevole”, soprattutto in relazione alla sua funzione di pubblico ufficiale e alla mancanza di rispetto per la divisa che indossa. Giordano avrebbe potuto uccidere, riflette il gip. Avrebbe pianificato il potenziale omicidio convocando sotto casa sua Nicolò (assistito dall’avvocato Michele Di Ruggero) e i suoi amici ventenni, istigandoli ad un confronto in strada e armandosi preventivamente, consapevole dei rischi che questo avrebbe comportato.

Insomma, avrebbe teso una trappola al giovane con cui aveva litigato per futili motivi poche ore prima in discoteca e a cui poi ha sparato, ferendolo alla coscia sinistra, dopo aver esploso un colpo in aria, a suo dire per intimorire Nicolò e gli amici. Sconcertante è per il gip la “spregiudicatezza nell’utilizzo dell’arma”, che di per sé costituisce un’aggravante, così come per l’accusa lo è il fatto che a premere il grilletto, fuori dal servizio, è stato un pubblico ufficiale per un regolamento di conti che avrebbe cercato volutamente, come documenterebbero i messaggi e le ripetute telefonate fatte a Nicolò, agli amici (che conosceva per le frequentazioni allo stadio), perfino al padre del 21enne. «Venite qui se avete il coraggio, vi ammazzo tutti»: questo il tenore delle conversazioni. 


La difesa


Di qui l’aggravante della premeditazione di uno scontro a fuoco ordito, peraltro, sotto l’effetto di alcol e cocaina - così contesta il gip -, come sarebbe emerso dai primi accertamenti ematici e tossicologici eseguiti all’ospedale dopo la sparatoria di domenica notte. Ma davanti al giudice, il poliziotto si è difeso sostenendo di aver sparato per difendersi (il primo colpo) e per sbaglio (il secondo).

«Erano in tanti, mi hanno accerchiato e aggredito: non volevo far male a nessuno», ha raccontato, mostrando i segni sul volto e sul corpo. Per la difesa, sono due gli aspetti che non emergono con chiarezza: quando Giordano ha premuto il grilletto (prima o dopo essere aggredito?) e quale direzione ha preso il proiettile che ha ferito Nicolò. Per far luce su quest’ultimo aspetto probabilmente verrà richiesta una perizia balistica. Quanto alla fitta conversazione via sms e telefonate tra il poliziotto e il 21enne, sarà decisiva l’analisi dei tabulati e dei loro cellulari, entrambi sequestrati.

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