ANCONA - Partiamo da un dato di fatto. Secondo un’indagine condotta da Unioncamere per il mese di novembre 2023, in 49 casi su 100 le imprese anconetane «prevedono di avere difficoltà» a trovare i lavoratori che cercano. Ed i numeri vanno di pari passo con la percezione comune degli imprenditori, ovvero che nel giro di appena qualche anno la forza lavoro - soprattutto la manovalanza - sia diventata merce rara. Anzi, rarissima. Prendendo lo stesso report di Unioncamere sulle imprese della provincia di Ancona ma datato novembre del 2018, il tasso di difficoltà era di 32 casi su cento. Ma tradotti, questi dati, cosa significano?
Il gap da colmare
«C’è scarsità sia nel numero che nella qualità di candidati, soprattutto nella ristorazione» testimonia Eros Renzetti, titolare del Fortino Napoleonico.
Non va meglio fuori dalle cucine. «Manca la manovalanza ed in tanti settori, dalla produzione all’edilizia» secondo Massimiliano Santini, direttore di Cna Ancona. «Stiamo realizzando un report e circa metà delle imprese contattate che vorrebbero aumentare il fatturato nel biennio 2024-25 dicono che potrebbero farlo, che avrebbero le commesse, ma che sono costrette a rinunciare per la mancanza di lavoratori» rivela.
Ma quali sono i motivi di questo cambiamento così repentino? Spesso si punta il dito contro il Reddito di Cittadinanza ma i dati sembrano smentire questa ipotesi. Stando alle rilevazioni Inps, dal 2019 - anno di introduzione del sussidio - al 2023, le famiglie percettrici ad Ancona sono passate dall’essere 9.241 a 2.456. Di contro, la difficoltà delle imprese a trovare manodopera è aumentata esponenzialmente. Forse è colpa di stipendi troppo bassi?
Elaborazioni Ires Cgil fanno notare come a fronte di un reddito medio annuo per lavoratore privato in provincia di 21.868 euro (2021), quello di chi lavora nell’ospitalità è di 7.258 euro. Colpa - scrive la Cgil - «dell’incidenza dei part time e del lavoro precario che è particolarmente alta». Ma in ballo ci sono anche fattori ambientali. «Con il lockdown e la conseguente crisi del settore, molti lavoratori hanno cambiato mestiere e non sono tornati più indietro» spiega Renzetti. Gli va dietro Bernetti: «Sono aumentate di molto anche le strutture ricettive». C’è un’unica certezza, avverte Santini: «il problema è diventato davvero pesante e rischia di compromettere le capacità di ripresa del nostro tessuto economico».
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