L’infermiere infedele, l’avvocato, il ristoratore e i due procacciatori: ecco i loro ruoli. «Falsari dei vaccini egoisti senza scrupoli»

L'avvocato Gabriele Galeazzi e l'infermiere Emanuele Luchetti
L'avvocato Gabriele Galeazzi e l'infermiere Emanuele Luchetti
di Lorenzo Sconocchini
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Mercoledì 12 Gennaio 2022, 02:00 - Ultimo aggiornamento: 19:06

ANCONA - Metti una combriccola di No Vax radunata ai tavoli di un ristorante, un avvocato che per fare bella figura (non per soldi) gli indica il canale giusto per eludere l’appuntamento indifferibile con il siero anti-Covid, un infermiere che sogna macchinoni e una casa di proprietà mentre prima, come confida al telefono, piangeva miseria. Aggiungi un trio di maneggioni, a partire dal ristoratore, pronti a lucrare qualche centinaio di euro a ogni gruppetto instradato verso il gabbiotto “G” del polo vaccinale Paolinelli, alla Baraccola, dove bastava chiedere di Emanuele per fare finta di vaccinarsi al prezzo di 3-400 euro e ottenere il Green pass rafforzato indispensabile ormai quasi ovunque, dallo svago allo sport, dai trasporti al ristorante, in certi casi anche al lavoro. 

Basta un manipolo di personaggi senza scrupoli per organizzare un canale clandestino di finte vaccinazioni la cui portata di sicuro va oltre i 60 casi già accertati dall’indagine “Euro Green Pass” della Squadra mobile di Ancona, diretta dal vicequestore Carlo Pinto. L’operazione della Polizia ha infatti svelato «un arguto meccanismo delittuoso finalizzato all’indebito rilascio del Green pass in favore di numerosi soggetti, il cui novero è ragionevolmente destinato a incrementarsi all’esito degli sviluppi investigativi”, come scrive il gip del tribunale di Ancona Carlo Masini nell’ordinanza che l’altro ieri ha fatto scattare 50 misure cautelari per ipotesi di reato di corruzione, peculato e falso ideologico, con cinque arrestati (l’infermiere e 4 procacciatori) e 45 obblighi di dimora per i No Vax finto-vaccinati.
Ma come si è aggregata la banda dei cinque? «Il contatto è quello con la barba, lui, il titolare del ristorante Casablanca», confida l’infermiere Emanuele Luchetti, ora in cella, al dottor Carlo Miglietta (l’odontoiatra vaccinatore che si era finto suo complice registrando i tentativi di corruzione per poi denunciarli in questura) additando Daniele Mecozzi, 45 anni.

Il ristoratore di Civitanova, spesso era presente all’hub vaccinale di Ancona, dove “traghettava” a gruppi, a volte intere famiglie, i furbetti del Green pass, tra cui anche minorenni inconsapevoli. Spesso venivano fatti passare per pazienti del Centro di salute mentale, per essere indirizzati nella cabina di Emanuele Luchetti, infermiere in servizio proprio al Csm. Lui fingeva di iniettare le dosi, ma sparava il contenuto della siringa nell’Agobox o nel cestino dei rifiuti. 


Il contatto
A mettere in contatto il ristoratore con l’infermiere delle iniezioni-bluff è stato un conoscente di vecchia data di Luchetti, l’avvocato Gabriele Galeazzi. Il legale anconetano, 51 anni, coetaneo dell’infermiere e con lui in buona confidenza, almeno dal tenore delle conversazioni intercettate, aveva seguito in passato il ristoratore Mecozzi per un incidente stradale. «Questi qui sono venuti a chiedere informazioni tramite un avvocato - così l’infermiere parla del gruppo dei civitanovesi -, l’avvocato Galeazzi... È gente con il soldo, anche perché ‘na roba del genere bisogna farla di alto livello, nel senso che quando magni ridi». Il gip Carlo Masini attribuisce a Mecozzi un ruolo da collettore, «proprio grazie alla sua attività di ristoratore, per numerosi individui anche provenienti da fuori regione, in particolare Emilia Romagna e Lombardia, per ognuna delle quali si trattiene 50 euro». In un’occasione i detective della Mobile arrivano persino a registrare il fruscio delle banconote consegnate da una “cliente”, che paga 450 euro per un finto vaccino. I quattro presunti procacciatori ora sono agli arresti domiciliari. Ma differenza degli altri tre intermediari, accusati di aver trattenuto parte della tangente, l’avvocato Galeazzi, riconosce il gip, non ha percepito denaro o altra utilità per la sua intermediazione. La sua unica finalità è il «desiderio di accondiscendere i propri clienti desiderosi di evitare la vaccinazione senza tuttavia perderne i benefici sociali». 

«Alla fine fa bella figura con questa gente, sono suoi clienti. Lui si fa pubblicità, è un modo per dire. Hai bisogno? Ci penso io», così Luchetti spiega il ruolo del legale in una conversazione registrata. Più venale l’interesse degli altri procacciatori di clienti No vax. Stefano Galli, artigiano edile a Sappanico, a cui un interlocutore raccomanda di pensare agli “amici di Candia”, «si premura di accompagnare persone interessate ad acquistare il Green pass, sicuramente - scrive il gip - in cambio di una somma imprecisata». Cinquanta euro a cliente sarebbe la tariffa pretesa da Daniela Maria Zeleniuschi, che accompagna i No Vax al centro Paolinelli, previa intesa con Luchetti. «Chi abbiamo oggi?», le chiede l’infermiere. «Padre e figlia», risponde lei, banconista nella pescheria di un supermercato. L’avvocato Galeazzi fornisce all’amico infermiere, oltre all’aggancio con i civitanovesi, anche 4 clienti disposti a pagare 500 euro per ogni finta vaccinazione. 


Il sistema
Ognuno con il suo ruolo e il suo tornaconto, i cinque della cricca formavano un «sistema illecito organizzato e pervasivo, pianificato in ogni dettaglio», scrive il gip Masini, che lascia trasparire la sua indignazione vedendo squarciato il velo su «un mondo regolato da un egoismo sfrenato, animato da un livello bassissimo e avvilente di attenzione al bene comune». Luchetti, gettando via le dosi, «ha lucrato su ignoranza, superstizione, paure e ideologie». Lui e i suoi quattro complici, «al di là di qualsivoglia posizione ideologica o fideistica», si muovono ispirati da finalità di lucro o interesse personale, del tutto «incuranti delle possibili conseguenze sanitarie e sociali della mancata vaccinazione». Se lasciati liberi, scrive il gip motivando le esigenze cautelari, potrebbero ripetere il reato, vista l’assenza di scrupoli. «La determinazione mostrata, probabilmente radicata in posizioni ideologiche refrattarie a ogni argomento persuasivo, potrebbe indurli a corrompere altri sanitari».

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