ANCONA - Dichiara d’essere in apnea, Liana Spazzafumo. «Sono in uno stato catatonico». La dirigente di Palazzo Raffaello si divincola dal ginepraio delle finte dosi del Paolinelli nel quale è finita. «Non sa niente di quanto scritto sulla stampa. Niente».
A dar voce alla sua incredulità è Marina Magistrelli. «L’indagine è appena all’inizio. Adesso - parla da avvocato difensore qual è - sappiamo che contestano a 50 persone di aver agito in malafede. Vediamo se al processo rimangono 50 o magari il numero scende a 10». Invita a procedere per gradi: «Non esageriamo a dare responsabilità a tutti anche solo perché erano affettivamente legati a qualcuno. Prima sentiamo le versioni di ognuno, poi giudichiamo le persone». Con calma.
È al loro fianco, come lo è stato in questi mesi.
Torna a battere sul lato umano: «Ho toccato con mano i sacrifici del personale di questo hub, molti si sono impegnati fuori orario, senza remunerazione». Sacro, per lui, è il principio di vicinanza: «Sono scioccati. Sono stato lì stamattina (ieri, ndr) per dire loro grazie. Si sentono il dito puntato contro». Lascia l’amarezza sullo sfondo, per ristabilire l’ordine: «Ci sarà un processo ad accertare i fatti. Avrà un risvolto giuridico complicato». Su un punto va veloce: «Per la dirigente della Regione coinvolta mi sento di dire solo che verrà applicato il Testo unico sulla Pubblica amministrazione che prevede provvedimenti disciplinari». L’ultimo sguardo è ancora per quei volti. «Davvero provati».
Capovolge i fattori, Francesco Acquaroli. «Credo che sia importante esaltare il gesto positivo: il sistema si è difeso da solo, ha fatto emergere il caso. C’è stato qualcuno che ha avuto il coraggio di denunciare. Non c’è stata una reazione superficiale davanti a un’anomalia. Tutt’altro». Il governatore onora il teorema investigativo di Carlo Miglietta, il medico odontoiatra che ha scoperto l’intrigo al Paolinelli. «Sono basito. In un momento di crisi sanitaria come quella che stiamo vivendo e in un’epoca di difficoltà del Paese, così piena di incognite, non riesco a farmene una ragione». Lo ripete, come fosse una preghiera: «È importante esaltare il gesto positivo».
Arriva a farne metafora: «La dimostrazione che la sanità marchigiana è serietà, professionalità, deontologia. Con un meccanismo di autodifesa, il soggetto negativo è stato individuato e isolato». Sulla dirigente regionale dell’Ars, finita nella trama dell’indagine, è telegrafico, il presidente: «Voglio capire bene». Non si capacita: «Dispiace che tutto ciò possa intaccare l’immagine di chi, e sono tanti, da due anni è in prima linea». La contrappone, di nuovo, a quella più bella: «All’interno dell’organizzazione ci sono serietà e coraggio». Incita a non modificare la rotta: «Si deve essere intelligenti e collaborativi». Un mantra.
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