Cameyi uccisa e sepolta in un pozzo, a processo l'ex fidanzato imputato di omicidio: ma ora è all'estero

Cameyi Moshammet scomparve nel maggio 2010
Cameyi Moshammet scomparve nel maggio 2010
di Benedetta Lombo
4 Minuti di Lettura
Sabato 28 Novembre 2020, 07:50

ANCONA - Uccisa e sepolta dal fidanzato. La procura di Macerata non ha dubbi su com’è finita in una fossa la povera Cameyi, studentessa di 15 anni scomparsa nel 2010, e il 2 dicembre si terrà l’udienza preliminare davanti al gup Domenico Potetti. Imputato di omicidio è l’ex fidanzato, ma lui da anni è in Bangladesh.

«Finalmente dopo 10 anni riusciamo ad arrivare a un processo – ha commentato l’avvocato dei familiari della ragazzina, Luca Sartini, mal nascondendo una certa amarezza –, ma all’epoca già a distanza di 15 giorni dalla scomparsa di Cameyi c’erano gravi e concordanti indizi sul fidanzato, la procura di Ancona avrebbe potuto chiedere una misura cautelare». Ma allora c’erano indizi, ancora non suffragati da prove, e soprattutto non c’era un cadavere.

La vicenda è quella tristemente nota di Cameyi Moshammet, la ragazzina 15enne bengalese scomparsa nel nulla da Ancona il 29 maggio del 2010. Una studentessa delle medie già ben inserita, che progettava i suoi studi alle superiori, sognava di giocare al calcio e voleva vestire all’occidentale, come le sue amiche. Abitava con la famiglia in via Pergolesi, nel rione popolare degli Archi. Una mattina di primavera uscì per andare a scuola, con i libri nello zainetto, ma non la videro più viva. Parte dei suoi resti furono trovati otto anni più tardi, il 28 marzo del 2018, a Porto Recanati in un campo poco distante dall’Hotel House dove il fidanzatino di Cameyi, Monir Kazi, all’epoca 20enne, viveva. 

Il giorno dopo la scomparsa il padre di Camey aveva denunciato la sparizione della figlia, la procura dorica avviò immediate indagini e dall’analisi dei tabulati telefonici venne fuori che la mattina del 29 maggio Monir andò a prendere Cameyi e insieme andarono verso l’Hotel House. Ci sono i fotogrammi delle telecamere della stazione di Porto Recanati a riprendere i due giovanissimi e i telefoni di entrambi agganciano la cella che copre la zona dell’Hotel House, poi alle 12.54 il telefono di lei si spegne. «Alle amiche Cameyi – ha spiegato l’avvocato – aveva detto di aver paura di Monir, era geloso, l’aveva minacciata e picchiata perché frequentava un altro ragazzo, ma la mattina della scomparsa Monir aveva negato di essere stato con Cameyi. E già qui il primo depistaggio. È andato in Grecia, è tornato e il 15 giugno è stato indagato per sequestro di persona. Davanti al pm disse: “Non è giusto che paghi solo io. Anche loro possono sapere qualcosa sulla scomparsa”. Una frase che fa pensare che qualcosa sapesse». Dal 2011 di Monir Kazi si sono perse le tracce, nel 2015 la procura di Ancona ha archiviato l’indagine per sequestro di persona, a marzo del 2018 però il colpo di scena, vennero trovati dei resti umani in un campo tra un casolare abbandonato e un pozzo interrato alle spalle dell’Hotel House. Da due denti il consulente della procura riuscì a comparare il Dna con quello dei familiari riscontrando che appartenevano alla 15enne e a quel punto il fascicolo venne riaperto e inviato a Macerata per competenza.

Il procuratore Giovanni Giorgio e il sostituto Rosanna Buccini in una corsa contro il tempo avviarono mirate indagini modificando il titolo di reato in omicidio volontario aggravato e occultamento di cadavere (quest’ultimo è ormai prescritto), ma Monir era da tempo in Bangladesh a Charkamarkandi Neloke Bundur. «So che quando gli hanno notificato la chiusura delle indagini – ha aggiunto il legale – ha detto “Verrò in Italia a raccontare la verità”, lo stiamo ancora aspettando.

Auspichiamo di arrivare alla verità, la mamma di Cameyi è la più psicologicamente provata, aveva sperato fino all’ultimo che la figlia fosse chissà dove ma viva, il padre invece è morto qualche mese dopo la scomparsa della piccola Cameyi». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA