L'imprenditore Aldo Pizzi: «La moda per dna. Le auto, che passione»

L'imprenditore Aldo Pizzi: «La moda per dna. Le auto, che passione»
L'imprenditore Aldo Pizzi: «La moda per dna. Le auto, che passione»
di Lucilla Niccolini
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Domenica 24 Marzo 2024, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 15:48

Ad Ancona, Pizzi è stato, per un secolo, sinonimo di eleganza e qualità. Aldo Pizzi porta il nome del nonno che, nel 1905, da Cesena si trasferì in questa città, per aprire un negozio di tessuti. «Il successo fu tale – ricorda Aldo, classe 1946 – che da Ancona nacquero le filiali di Pesaro e di Cesena. E mio padre Massimo, figlio d'arte, allargò l'attività alle confezioni, con due negozi Maxim, a Pesaro e ad Ancona». Per assicurare ad Aldo, il primogenito, un'educazione eccellente, papà Massimo e mamma Adriana lo mandano in collegio, a Roma. «Al San Giuseppe de Merode, nella sede di piazza di Spagna, prima, poi a Villa Flaminia, fino al diploma di ragioniere. Non mi divertivo, ma ho fatto tanta attività sportiva: atletica leggera, 200 metri e salto in alto. Poi, calcio e judo. Ma la soddisfazione più grande è stata giocare nella squadra di basket della scuola, la Stella Azzurra-Roma, allora in prima serie, contro campioni del calibro di Simmenthal Monza e Ignis Varese: la storia del basket italiano».

Lo studio e la svolta

Una volta tornato ad Ancona, ha meno occasioni di dedicarsi allo sport, «a parte qualche regata, organizzata dalla Stamura, con le barche a vela degli amici». E s'iscrive a Economia. «Dal '66 al '68. Mi convinsi che una laurea conquistata in quegli anni turbolenti non potesse valere molto. E lasciai perdere». Per qualche mese, Aldo affianca il padre e la madre nei loro negozi, poi decide di camminare sulle sue gambe. Diventa rappresentante di grandi ditte di prêt-à-porter, assieme al fratello Claudio, che già allora era un appassionato di auto e corse. «Così decidemmo, più tardi, di orientarci verso un altro settore. Cominciammo con la concessionaria della Renault, cui si aggiunsero la Nissan e la Opel». Claudio è ancora in attività, Aldo ha lasciato. «Non prima di una sortita anche nell'edilizia... Ma ora ho altro da fare». Quasi una missione, la Fondazione Claudio Venanzi, familiarmente detta Fonclaven. «Ero molto amico di Claudio. Ci eravamo conosciuti nel bar dei suoi, a piazza Pertini, dove ci si vedeva dopo il lavoro.

E abbiamo preso l'abitudine di incontrarci a pranzo ogni sabato, al Giardino». Un sodalizio, che è continuato negli anni, a dispetto delle idee politiche differenti. «Ma quando si arrivava a indicare le possibili soluzioni dei problemi di Ancona, ci trovavamo sempre d'accordo». Claudio Venanzi, funzionario della Cna e politico di sinistra, già assessore del Comune e della Provincia di Ancona, se n'è andato a marzo del 2007. «All'improvviso, per un infarto. La sua colf l'ha trovato in casa, sul letto, dove s'era disteso vestito, alle prime avvisaglie del malore». Furono gli zii materni di Claudio, Tullio e Claudia Sartarelli, ad affidare ad Aldo l'incarico di liquidare le sue proprietà, perché «solo di me, dissero, si fidavano: il nipote gliene aveva sempre parlato bene». E firmarono dal notaio una delega a promuovere un'iniziativa che lo ricordasse alla città, utilizzando il ricavato dalla vendita dei suoi beni. «Non molto: l'appartamento ereditato dai genitori, la scarna liquidazione della Cna e un'utilitaria». Aldo fa ricorso a un vecchio detto, per definire la specchiata onestà di Claudio: «era una di quelle persone che, se le metti a testa in giù, dalle tasche non esce neanche un biglietto del tram». Pensò che l'idea migliore fosse una fondazione, «per organizzare incontri e conferenze sui temi che gli interessavano, che gli sarebbe piaciuto seguire, se fosse vissuto più a lungo».

Il salto di qualità

L’8 novembre 2011, il giorno in cui Claudio Venanzi avrebbe compiuto 61 anni, si è costituita la Fondazione. Da allora, il numero dei sostenitori è cresciuto in maniera esponenziale. «In tredici anni, siamo a quota 260, cui si aggiunge una decina di sponsor fedeli. Non ci hanno permesso soltanto di organizzare cicli molto seguiti di conferenze, ma anche di finanziare, in suo nome, la rotatoria di Piazzale Europa e due orologi monumentali a Montecarotto. E sosteniamo la mensa dei poveri di Padre Guido e il Centro Papa Giovanni XXIII». Lo sguardo di Aldo sembra cercare il sorriso di approvazione di Claudio.

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