Bullo in carcere per la rapina al coetaneo: a 15 anni ha già 7 procedimenti penali. L’avvocato: «Andava fermato prima»

L'avvocato Andrea Nobili
L'avvocato Andrea Nobili
di Stefano Rispoli
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Venerdì 19 Agosto 2022, 04:20 - Ultimo aggiornamento: 09:49

ANCONA - A quindici anni ha già il curriculum di un malvivente seriale. Parlano da soli i 7 procedimenti penali a suo carico, l’ultimo dei quali riguarda l’episodio del 9 aprile scorso per cui, al termine degli accertamenti, nei giorni scorsi è stato arrestato e portato in carcere: la rapina a un ragazzino, strattonato, spinto contro un’auto e derubato della collanina d’oro nel parcheggio del Mc Donald’s di Torrette. 

 

 La misura della detenzione in un istituto penale per minorenni, misura estrema che si applica per casi particolarmente gravi, è in un primo momento non era stata accolta dal gip: ma 8 giorni fa il Riesame ha accolto l’appello della procuratrice capo del Tribunale dei Minori, Giovanna Lebboroni, che aveva impugnato l’iniziale decisione del giudice.

Dunque, il baby bullo, un ragazzo di seconda generazione d’origine africana, è stato arrestato dai carabinieri ed è finito in cella. A giustificare un provvedimento così severo, la sfilza di reati di cui è accusato - tra cui furti e un caso di estorsione - commessi anche dopo la rapina di Torrette, come l’aggressione con un coltello ai danni di un coetaneo, a inizio estate a Senigallia.

«Si tratta di una vicenda particolarmente complessa e delicata - spiega l’avvocato Andrea Nobili, ex Garante dei diritti dei minori e presidente della Camera minorile di Ancona, che difende il minorenne in carcere -. La detenzione è una misura estrema, riservata ai casi ritenuti più gravi perché al centro del sistema della giustizia minorile ci sono le comunità di accoglienza, anche nella fase cautelare. Purtroppo le situazioni limite di devianza minorile sono in aumento e sono la conseguenza di una pluralità di fattori, in una società che giustamente vuole essere accogliente e inclusiva, ma che stenta ad avere un pensiero e strumenti adeguati ai tempi che viviamo sul versante sociale, legale, ma soprattutto culturale». 


Al momento la difesa non ha presentato ricorso contro la misura della detenzione, ma valuterà percorsi alternativi per favorire il recupero sociale del 15enne, come il collocamento in comunità e, in futuro, la messa alla prova. «L’azione della magistratura penale minorile il più delle volte è salvifica - sottolinea l’avvocato Nobili - in quanto è l’unico modo per tentare di bloccare escalation criminali, provando a recuperare giovani che mettono in pericolo se stessi, pregiudicandosi il futuro, e la comunità in cui vivono. Perché c’è anche la necessità di trovare un punto di equilibrio con il legittimo diritto della collettività alla sicurezza. Ricordiamoci che parliamo di minorenni: l’intervento della giustizia è principalmente finalizzato a un recupero sociale dei ragazzi, con misure all’insegna della gradualità, che però dovrebbero essere applicate immediatamente, in modo da contrastare subito una possibile progressione criminogena».

La domanda è spontanea: se si fosse intervenuto subito per fermare il 15enne, la sua storia delinquenziale si sarebbe interrotta? Nessuno può dirlo, «ma il sistema va rafforzato, soprattutto sul versante della prevenzione - aggiunge Nobili -. La marginalizzazione colpisce in particolare i giovani di origine straniera, nei confronti dei quali i percorsi di integrazione segnano il passo. Occorre puntare su un’azione di sistema integrata ed è centrale l’impegno dei servizi sociali che vanno rafforzati, come gli interventi in ambito scolastico e sulle famiglie». 

 

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