ANCONA - Ventuno giorni di tempo per decidere il destino del Bar del Duomo. Il 31 marzo scadrà l’autorizzazione e costruire. Se entro quella data Antonio Ambrosio, titolare del ristorante Il Giardino e allo stesso tempo della concessione comunale del Bar del Duomo, non avrà dato seguito al progetto di recupero dell’area dovrà riconsegnare le chiavi.
L’investimento
Lo scoglio, diventato una montagna insormontabile, è rappresentato dai costi di realizzazione del nuovo immobile.
Il sogno
L’imprenditore ha un sogno: «Aprire per il G7 Salute (primi di ottobre, ndr). Sarebbe bello portare i ministri a visitare il Guasco e poterli ospitare nel mio locale». È nell’interesse anche del Comune donare un nuovo decoro a quell’area che da anni versa in uno stato di degrado. Ma a pesare sulle sorti del locale, oggi, sono quei reperti risalenti al XIII secolo riaffiorati nel 2016 durante i lavori di restyling. Ritrovamenti che avevano imposto uno dei tanti stop al cantiere di Ambrosio, il quale aveva già all’epoca dovuto predisporre una variante al progetto avallata a suo tempo dalla Soprintendenza che aveva espressamente richiesto che fossero mantenuti visibili e protetti da una copertura. Quella stessa copertura che il ristoratore è stato costretto a togliere dal progetto per alleggerire le spese. Ma non è detto che la Soprintendenza dia il via libera. Quindi la rinascita del Bar del Duomo è nuovamente in sospeso. E pensare che due anni fa ogni ostacolo sembrava superato, con l’accordo raggiunto tra Comune e Ambrosio sulla concessione 25ennale. Ma da quel momento si è abbattuto sul cantiere il macigno del rincaro materie prime e tutte le difficoltà causate dal conflitto in Ucraina. Ma questo è stato solo l’ultimo impedimento di un cantiere che sembra stregato.
La storia
Dal 2013 il Bar del Duomo è nelle mani di Ambrosio, ma di fatto i lavori per consentirne la riapertura non sono mai entrati nel vivo. Colpa di un labirinto fatto di burocrazia, prima, e di costi proibitivi, poi. Il primo stop nel 2015 per una questione di autorizzazioni, perché la Provincia aveva negato la sanatoria per una veranda di trent’anni prima. Poi i reperti archeologici e il braccio di ferro sulla concessione. Oggi, 11 anni dopo, il rischio di abbandonare per sempre il progetto di rinascita.