Città del Vaticano – Ha aspettato la fine dell'udienza per srotolare davanti alle telecamere di mezzo mondo la bandiera giallo-azzurra dell'Ucraina. E l'ha baciata. Un gesto importante e pubblico che equivale a una implicita condanna nei confronti di Mosca. Una immagine potentissima che vale più di mille parole contro Putin e la Russia per le crudeltà efferate commesse dai militari nelle zone attorno a Kiev. Papa Francesco davanti a tanta violenza sembra ormai essere attonito.
Se da una parte Papa Francesco ripete in continuazione (lo ha fatto anche stamattina) di fermare il rumore delle armi, dall'altra sembra prendere atto del naufragio della comunità internazionale.
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Il momento più commovente e toccante dell'udienza è stato quando Francesco ha preso la bandiera arrivata proprio da Bucha e la ha mostrata ai fedeli (davanti alle telecamere), chiamando vicino a sé un gruppo di bambini giunti ieri dall'Ucraina: «È duro essere sradicati dalla propria terra».
«Le recenti notizie sulla guerra in Ucraina, anziché portare sollievo e speranza, attestano invece nuove atrocità, come il massacro di Bucha». Tornando da Malta, domenica sera, era stato messo a conoscenza della ferocia dei russi nei confronti di donne, bambini e anziani nelle cittadine a poche decine di chilometri dalla capitale ucraina, tra cui Bucha. Sull'aereo il pontefice si era limitato a qualche parola di condanna, palesemente spiazzato dalla notizia che gli stavano dando i giornalisti che erano con lui al seguito. Ha aspettato l'udienza generale di oggi per affrontare di petto la questione, facendo fare un passo in avanti alla posizione vaticana finora marcata da eccessiva neutralità diplomatica, srotolando la bandiera di Bucha come per dire al mondo: io sto dalla parte delle vittime ucraine. «Crudeltà sempre più orrende, compiute anche contro civili, donne e bambini inermi. Sono vittime il cui sangue innocente grida fino al Cielo e implora: si metta fine a questa guerra!»
Francesco ha poi voluto ringraziare il popolo polacco per la generosità dimostrata in questi quaranta giorni, accogliendo con uno spirito esemplare quasi tre milioni di profughi ucraini. Le case private dei polacchi si sono aperte sin dal primo momento e si è messa in moto una assistenza parallela a quella istituzionale, per affrontare la più grande ondata migratoria europea dalla seconda guerra mondiale in poi.