Clima, ghiacci addio. E anche le piante pioniere spariscono Francesco Ficetola: «In montagna nuovi ecosistemi»

Cinquant'anni senza verde: lo scenario post glaciale

Clima, ghiacci addio. E anche le piante pioniere spariscono Francesco Ficetola: «In montagna nuovi ecosistemi»
di Stefano Ardito
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Mercoledì 14 Febbraio 2024, 10:36 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 07:43

Qualche decennio fa, in molte zone delle Alpi, per attrarre i turisti si scavavano dei tunnel nei ghiacciai.

Sulla Mer de Glace, ai piedi del Grossglockner e sulla Jungfrau, quegli ambienti accessibili a tutti, dove la luce arrivava attenuata e azzurrina, offrivano un viaggio fuori dal mondo. Qua e là, venivano aggiunte delle sculture di ghiaccio. Da qualche anno, sul ghiacciaio del Rodano, in Svizzera, i tunnel non se la passano bene. La luce filtra con sempre più forza dall’alto, intorno alla zona turistica il ghiaccio è nascosto da vastissimi teli bianchi, piazzati lì per ritardare lo scioglimento. È impossibile capire se i tunnel resisteranno per uno o per cinque anni. Ma la biglietteria, il bar, il negozio di cioccolata e souvenir non sono destinati a durare.

I VECCHI SCATTI

Qualche tornante più in basso, a Gletsch, il ghiaccio è scomparso da tempo. Le foto del primo Novecento mostrano una spettacolare colata, tagliata da profondi crepacci e irta di torri di ghiaccio pronte a crollare. Ai suoi piedi, un grande albergo permetteva ai visitatori di ammirare lo spettacolo. Oggi al posto del ghiacciaio c’è una parete di roccia solcata da un torrente. L’albergo è chiuso, sostituito da una tavola calda e da un bar. Gli svizzeri, però, con il turismo ci sanno fare. E una rete di sentieri dedicati ai “paesaggi postglaciali delle Alpi” conduce i visitatori a scoprire i laghetti e i ruscelli che hanno preso il posto delle grandi colate, e i lastroni di roccia levigati dalla pressione del ghiaccio. Anche sulle Alpi italiane, in molte zone, il ritiro e la scomparsa dei ghiacciai iniziano a venire trasformati in attrattive. In Valfurva, nel Parco Nazionale dello Stelvio, il ghiacciaio dei Forni in un secolo si è ritirato di oltre due chilometri. Tra il 1920 e il 1965 la colata è arretrata di 24 metri ogni anno. Nel nuovo millennio, dopo un rallentamento, il trend al ritiro è ripreso, e la colata si è divisa in tre ghiacciai più piccoli. Invece di piangere, il Comitato Glaciologico Italiano e la Fondazione Lombardia per l’Ambiente, con l’appoggio del Comitato Ev-K2-Cnr, hanno individuato un Sentiero glaciologico che sale dal rifugio Branca alla colata, sfiora la caverna di ghiaccio da cui esce un torrente impetuoso, poi supera quest’ultimo con due ponti sospesi. I visitatori apprezzano, e la valle continua a lavorare. Ogni due o tre anni, però, il percorso dev’essere modificato per riavvicinarsi al ghiacciaio, che nel frattempo è arretrato ancora un po’. L’Università Statale di Milano, da un secolo, è un punto di riferimento per gli studi sui ghiacciai. Il merito è del professor Ardito Desio, geologo e glaciologo nato in Friuli, che nel 1929 esplorò e mappò i ghiacciai del Karakorum, tra la Cina e l’odierno Pakistan. E un quarto di secolo dopo, nel 1954, tornò da quelle parti alla testa del team che compì la prima ascensione del K2. I tempi cambiano e, negli scorsi anni, invece di esplorare ghiacciai, anche i ricercatori della Statale si sono dedicati al mondo postglaciale. L’Ateneo milanese, infatti, ha coordinato uno studio internazionale su 46 ghiacciai in fase di ritiro in tutto il mondo. Lo scopo del lavoro era capire l’evoluzione di nuovi ecosistemi, e in particolare lo sviluppo della vegetazione dopo la scomparsa del ghiaccio. I risultati sono stati pubblicati da poco sulla rivista online Nature Plants.

Nella prima fase, il suolo povero e instabile permette la crescita di poche piante pioniere. Poi, circa 50 anni dopo, i suoli più ricchi e stabili, permettono l’arrivo di specie più competitive, piante erbacee e arbusti, che rimpiazzano le precedenti.

«Le informazioni che abbiamo raccolto, insieme ai colleghi di tredici Paesi, ci aiutano a capire come evolveranno i nuovi ecosistemi, sempre più ampi, che si stanno formando in montagna e nelle aree intorno ai Poli in conseguenza del ritiro dei ghiacciai» spiega il professor Francesco Ficetola, coordinatore dello studio ed esperto di biodiversità della Statale di Milano. Altri studi recenti, realizzati dall’Università dell’Insubria e dal Museo delle Scienze di Trento, hanno dimostrato che il rapido arretramento dei ghiacciai danneggia proprio le specie pioniere, tra le quali sono piante eleganti come il genepì, il ranuncolo glaciale e le sassifraghe, che non possono “inseguire” i ghiacciai al ritmo con cui questi si ritirano verso l’alto. Secondo la rivista scientifica Frontiers in Ecology and Evolution, l’arretramento dei ghiacciai potrebbe causare l’estinzione fino al 22% delle 117 specie di piante pioniere studiate. Per Sabine Rumpf, ecologa dell’Università di Vienna «delle piante provenienti da quote più basse si affermano, sottraendo superficie alle specie alpine». La perdita del ghiaccio, insomma, potrebbe diventare una perdita di biodiversità e di bellezza.

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