Nel nome del padre. Più che una preghiera, un marchio. Che può essere, nella pesantezza, ferro o piuma. Da calciatore dal cognome pesante a "cacciatore" di talenti: Andrea Mancini, figlio di Roberto, ex Ct di Arabia Saudita e Italia, oggi lavora per il Barcellona come osservatore per l'Italia. «Cerco futuri Yamal». Auguri (visto il panorama italiano).
Sette presenze con il Fano
Andrea Mancini è entrato nello staff guidato dall'ex stella portoghese blaugrana Deco. Sembra passata una vita (e forse lo è) da quel 24 gennaio 2012 quando, accompagnato dal nonno Aldo, Mancini Junior, non ancora ventenne, firmò un contratto con l'Alma Juventus Fano dell'allora presidente Gabellini. Il campionato era quello di Seconda Divisione girone B e il piccolo Mancio, dopo anni passati nei settori giovanili altisonanti (Inter, Bologna e Manchester City), provò a cimentarsi con i grandi (di età) nella terra natia del padre: le Marche. Alla fine fu un'avventura senza lasciare ricordi: 7 presenze, zero gol nonostante il ruolo di mezza punta.
Nel nome del padre
L'insostenibile pesantezza del cognome? Ovvio. Ma anche un passepartout unico per occasioni da sogno. Perché poi Mancini Jr si è messo alla prova in Spagna con Real Valladolid, Budapest Honved e Halads (Ungheria) e negli Usa con DC United e Cosmos. In totale, riportano le statistiche, 30 presenze in 7-8 anni di carriera. Proprio a New York ha conosciuti Joe Barone e, dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, ha intrapreso la carriera da dirigente prima alla Fiorentina e poi alla Samp, la squadra di famiglia per i Mancini (visto che Andrea, peraltro, è nato a Genova pochi mesi dopo la storica finale di Coppa dei Campioni persa dai blucerchiati proprio contro il Barcellona).
Il sogno: tornare alla Samp con papà Mancini in panchina
Tornare alla Samp con papà Mancini in panchina? «Sarebbe un sogno, forse di più - ha raccontato Andrea alla Gazzetta dello Sport - E al momento non è niente più di un sogno.