Moschella e il lockdown: «Un'occasione per rifondare il teatro da zero»

L’attore siciliano d’origine e tolentinate di adozione, Giovanni Moschella
L’attore siciliano d’origine e tolentinate di adozione, Giovanni Moschella
di Chiara Morini
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Mercoledì 20 Gennaio 2021, 06:40

TOLENTINO - Non è facile fare l’attore al tempo del Covid, anche e soprattutto per l’incertezza dell’avvio o meno di progetti lavorativi da attuare. Tra una fiction già registrata di cui si aspetta la messa in onda, spettacoli teatrali e un film da registrare in Germania, l’attore siciliano d’origine e tolentinate di adozione, Giovanni Moschella, si racconta.

 
Giovanni a quando il suo ritorno sul piccolo schermo?
«Forse in primavera, quando andrà in onda la fiction “L’Ora”. Ho lavorato, girando la scorsa estate, per questa fiction di Canale 5, che racconterà le vicende della storia dello storico (ed omonimo) quotidiano palermitano. Parleremo di tutto, e della vita dei giornalisti di assalto di allora».
Lei fa anche cinema, ha qualcosa in vista? 
«Mi lasci usare il condizionale, questa volta per via dell’incertezza che stiamo vivendo. In primavera dovrei essere in Germania a girare un film. Qualche anno fa, durante le riprese di un episodio di una fiction, ho conosciuto un attore tedesco, che aspira a fare un suo film. Ha già i finanziamenti, è pronto per partire, ma c’è il Covid. Tanto in Italia, e qui il problema sarebbe per me, quando per lui, visto che la situazione anche in Germania è critica».
Difficile girare al tempo del Covid… 
«Non è tanto questo quanto il fatto che in Germania prima si prova un mese, poi si gira. E stare tutti insieme adesso è un problema».
I tedeschi non doppiano, ma sottotitolano: avrà problemi con la lingua? 
«In attesa di partire sto studiando il tedesco. Mi è stato detto che posso anche girare in inglese, ma non vorrei creare problemi ai colleghi. Quindi punto a recitare proprio in tedesco, del resto non sarà un ostacolo se la pronuncia non sarà perfetta: interpreterò il ruolo di un italiano».
A teatro cosa dovrebbe fare? 
«Avrei già dovuto iniziare a provare per la terza stagione del Riccardo III, qui faccio 8 personaggi».
Con la compagnia della Marca, dopo “La tempesta”, farà qualcosa? 
«A fine gennaio dovrei essere sul palco dell’Aquila, per “Aprite i vostri occhi”. Si tratta di una riscrittura dello spettacolo che Rossetti ha prodotto nel 2017 per il Mibact e finanziato nell’ambito del progetto Mpa con il sostegno di Regione e Amat. Nessun show però, una versione riflessiva su tutto il mondo del teatro, dal tecnico delle luci al regista. Lo faremo per far conoscere il nostro mondo». 
Lei ama molto il teatro, cosa pensa della situazione attuale? 
«Vede, molti sono andati sull’online, ma a me non piace. Nella solitudine di questo periodo ho avuto modo di riflettere a fondo sul ruolo dei teatri. Dovremmo approfittare di questa situazione per rifondare l’intero settore da zero. Considerare il teatro come un luogo aperto non solo agli spettacoli. Come luogo aggregante, che in un periodo in cui le comunità sono state così pesantemente disgregate, contribuiscano a far uscire dalla solitudine. Aprire le sale teatrali in concomitanza con altre arti e realtà. Dobbiamo recuperare il loro ruolo di pubblica utilità. Spero che dopo la pandemia non si facciano gli errori visti finora». 
Il teatro deve quindi essere solo dal vivo?
«Basta fare il teatro per i teatranti.

Il pubblico serve, è l’anima dello spettacolo a teatro, crea socializzazione».

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