Claudio Conti con “L’uomo che ha venduto il mondo” finalista del Premio Italo Calvino: «Un sogno essere nella top ten»

Claudio Conti, 49 anni, nato a Roma ma da tanti anni residente a San Lorenzo in Campo
Claudio Conti, 49 anni, nato a Roma ma da tanti anni residente a San Lorenzo in Campo
di Marco Spadola
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Lunedì 21 Giugno 2021, 11:20

SAN LORENZO IN CAMPO - La passione per la scrittura sin da giovanissimo, l’anno scorso i primi importanti riconoscimenti. Come un trampolino per Claudio Conti, 49 anni, nato a Roma ma da tanti anni residente a San Lorenzo in Campo, tra i dieci finalisti del prestigioso Premio Italo Calvino. Con il romanzo “L’uomo che ha venduto il mondo” è volato a Torino, dove si è tenuta la cerimonia di premiazione della 34esima edizione.


Quando ha deciso di partecipare al Calvino?
«In Italia ci sono migliaia di “aspiranti scrittori” come me. L’invio spontaneo del proprio manoscritto alle case editrici non porta quasi mai a nulla. L’unica strada è quella della pubblicazione di racconti su riviste letterarie, che funzionano come una palestra, e un paio di premi per esordienti come appunto il Calvino, che è quello più riconosciuto e prestigioso avendo selezionato, negli ultimi anni, molti autori che poi hanno pubblicato. Avevo già partecipato al Calvino venendo segnalato, che è un po’ come fermarsi alle semifinali. Quest’anno è andata meglio». 

 
Che soddisfazione è stata quando è stato selezionato?
«Quando mi è arrivata la telefonata di Mario Marchetti, presidente del direttivo del premio, mi sono sentito più disorientato che emozionato. Nutrivo qualche speranza ma quest’anno c’erano addirittura 999 manoscritti iscritti e solo 10 finalisti. La selezione è stata durissima». 


Di cosa parla il romanzo? 
«Inizia con una misteriosa riga che si forma all’improvviso in mezzo al cielo e che, aprendosi, degenera rapidamente in una vera e propria apocalisse.

Noi seguiamo un gruppo di personaggi nel loro tentativo di salvezza e, da un certo punto in poi, capiamo anche come e perché quest’apocalisse si è formata. In apparenza è un romanzo distopico-fantascientifico ma in realtà il vero tema è quello dell’infelicità. L’infelicità come parte indissolubile dell’età adulta». 


Quando ha iniziato il suo percorso?
«Ho iniziato 5 anni fa e l’unica cosa che mi sento di dire sulla scrittura è che di romantico o magico non c’è nulla. È un’attività solitaria, ripetitiva, che ha delle regole precise e che richiede davvero molta volontà e disciplina. È un ambiente ipercompetitivo dove devi esser pronto a incassare decine e decine di rifiuti».


Attenzionato da qualche casa editrice? 
«Il Premio Calvino ti consente di avere una certa visibilità e di suscitare l’attenzione del mondo editoriale ma, purtroppo, questo non sempre basta. Non di rado accade che finalisti non pubblichino. Staremo a vedere». 


Ha già pubblicato racconti? 
«Quella della pubblicazione di racconti su riviste letterarie è l’unica strada per capire le tue potenzialità e per farti notare. Dopo molti tentativi andati a vuoto sono riuscito a ritagliarmi qualche spazio e soddisfazione. Come le due pubblicazioni in e-book per Giunti Scuola e la vittoria del premio letterario Italo della rivista Risme».


E ora?
«Sono soddisfatto. Se ci saranno sviluppi bene, altrimenti la scrittura rimarrà una compagna privata e notturna. Da amare e detestare».

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