L’ambientazione
Rispetto al film, del 2010, in questa versione teatrale il regista, tra i cambiamenti fatti, ha inserito anche l’ambientazione della storia che sul palcoscenico si immagina nei pressi di Gragnano. Un posto dove fare coming out risulterebbe ancora scandaloso. C’è sempre la famiglia Cantone, proprietaria di uno dei grandi pastifici della zona: una famiglia dalle radicate tradizioni alto-borghesi, guidata da un padre che vorrebbe lasciare la direzione dell’azienda ai due figli, Tommaso e Antonio. Tommaso vorrebbe rivelare alla famiglia il suo essere omosessuale e nemmeno studente di economia come credono. Ma Antonio, suo fratello, si dichiara omosessuale prima di Tommaso. «Racconto – commenta Ozpetek – storie di persone, di scelte sessuali, di fatica ad adeguarsi a un cambiamento sociale ormai irreversibile. Emblematica, qui, risulta la figura del pater familias, che appare ironica e drammatica allo stesso tempo».
Dal film al palco
Come ha deciso di trasportare i momenti malinconici e anche le risate dalla pellicola al palcoscenico, lo spiega lo stesso Ozpetek: «É la prima domanda che mi sono posto e che mi ha portato un po’ d’ansia, quando ha cominciato a prendere corpo l’ipotesi di teatralizzare Mine Vaganti. Il produttore cinematografico, Domenico Procacci, rimase molto colpito, aggiungendo che sarebbe potuta diventare anche un ottimo testo teatrale». Quindi, con Marco Balsamo, che dirige la società Nuovo Teatro che produce lo spettacolo teatrale insieme a Fondazione Teatro della Toscana, si è realizzato il cast corale che, con l’impianto scenico, mantiene lo spirito della pellicola. «Ho dovuto lavorare per sottrazioni – spiega Ozpetek – lasciando quell’essenziale intrigante, attraente, umoristico. Ho tralasciato circostanze che mi piacevano tanto, ma del resto quello che il cinema mostra, il teatro nasconde». Scene che a teatro non ci sono rispetto al film e viceversa, e il regista dice che «le emozioni dei primi piani hanno ceduto il posto a punteggiatura e parole. Il teatro può permettersi il lusso dei silenzi, ma devono essere esilaranti, altrimenti vanno riempiti con molte frasi e una modulazione travolgente». Ha evitato la lentezza, scegliendo un ritmo continuo che non concede pause nemmeno ai cambi di scena. «A teatro – chiude Ozpetek – non ci si dovrebbe mai annoiare. Lo spettatore è parte integrante della messa in scena e interagisce con gli attori. Il pubblico dalla platea è come se fosse nella piazza del paese. Il pubblico è il cuore pulsante che scandisce i battiti di questa pièce».