«Maria De Filippi mi ha riavvicinato a mio papà Maurizio Costanzo», il figlio Saverio: così abbiamo fatto pace

il figlio regista di Maurizio e della giornalista Flaminia Raimondi, ha parlato per la prima volta del padre morto il 24 febbraio dello scorso anno. Lo ha fatto in un'intervista al Corriere della Sera

Maurizio e Saverio Costanzo
Maurizio e Saverio Costanzo
5 Minuti di Lettura
Lunedì 22 Gennaio 2024, 12:20 - Ultimo aggiornamento: 12:22

Saverio Costanzo, il figlio regista di Maurizio Costanzo e della giornalista Flaminia Raimondi, ha parlato per la prima volta del padre morto il 24 febbraio dello scorso anno. Lo ha fatto in un'intervista di Aldo Cazzullo sul Corriere della Sera. Saverio Costanzo ricorda la sua giovinezza e un padre che prima era lontano ma poi si è avvicinato. Grazie a Maria De Filippi, l'ultima compagna di vita di papà Maurizo. Il suo primo ricordo è legato alla famiglia: «Papà non ha mai dormito con mamma, come non credo abbia mai dormito con nessuna delle sue mogli. Stavamo in centro, in via dei Banchi Nuovi, al secondo piano. Ma lui se ne è andato di casa molto presto, quasi subito». Lui voleva molto bene al padre, ma insieme aveva una madre molto forte e presente. «Abbiamo avuto i nostri conflitti, come sempre tra il padre e il figlio maschio. Devo molto a Maria. Fu lei a riavvicinarci».

«Sembravamo Sordi e Verdone nel film "In viaggio con papà"»

Saverio racconta di quando è successo, “merito” anche di Mességué: «Andavano da Mességué perché lui doveva sempre dimagrire. Una volta Maria gli disse: portiamo anche tuo figlio. Allora avevo tredici anni, ed ero pure io un po’ grassoccio… Lui all’inizio non voleva: “ma no, che palle!”. Finì che ci divertimmo tantissimo, sembravamo Sordi e Verdone nel film “In viaggio con papà”. Ci era toccata la camera insieme, un incubo. Se mi svegliavo (affamato) nel cuore della notte russava talmente che non riuscivo più a prendere sonno. All’inizio mi pareva uno sconosciuto. Poi mi resi conto che papà era un uomo di un umorismo straordinario. E così, complice una certa sorniona ironia tipica dei romani che condividiamo, ci siamo ammazzati dalle risate». Lui, invece, dice che era «un po’ stronzo: quando ho cominciato a fare il regista, non volevo che parlasse di me. Ed ero anche un po’ snob. Lui no. Lui era un uomo di tv; e un uomo di tv è di tutti».

La “colpa” di Ilaria D'Amico

Poi Saverio racconta di essere andato negli Usa per girare un documentario a New York. «Era un documentario - dice Saverio -  sugli italoamericani del Caffè Mille Luci. C’erano il sedicente avvocato, l’idraulico, l’autista di scuolabus, Alfonso, che mi ammoniva di non andare mai a Manhattan, “perché so’ tutti froci”. Un giorno venne Anthony Genovese, il mafioso, che mi consentì di continuare a girare, a patto di non riprenderlo mai. Ero diventato uno di loro, fino a quando non fui scoperto». Saverio fu scoperto per "colpa" di Ilaria D'Amico: ««Come avventori del bar fummo invitati a Rai International a vedere la partita della Roma, tutti con la sciarpa giallorossa, come pubblico della trasmissione che conduceva Ilaria D’Amico, che per gli italiani all’estero era come la Carrà.

La conoscevo e così le chiesi di far finta di nulla, ma lei non si trattenne: “Ciao Saverio!”. Così scoprirono chi ero, e chi era mio padre. E si ruppe il rapporto di fiducia. Non ero più uno di loro».

«Nessun aiuto dal punto di vista professionale»

Maurizio non ha aiutato il figlio dal punto di vista professionale: «Nel 2002, con Mentana, a fare una trasmissione sull’11 settembre per Canale 5, ci divertimmo. A un certo punto qualcuno propose: mandiamo Saverio a girare questi contributi. Ma mio padre non rispose né sì né no. Come a dire: non te la regalo la fiducia. E io pensai: ah sì? Neanch’io la regalo a te». Poi Saverio vince il festival di Locarno con Private: «Papà commentò: “È come se il proprietario di un teatrino di rivista scoprisse che suo figlio è Ibsen”». Per lui il padre era ««Una figura controversa. Non mi aprivo, non gli mostravo il mio dolore. Di consigli ne ho chiesti più a De André o a De Gregori, i cantautori che ascoltavo. I detrattori lo additavano come un uomo di potere, come un navigatore amico di tutti, di Berlusconi e di D’Alema e anche a me spesso il suo lato pubblico risultava inautentico».

«Ma poi nel tempo ho scoperto che non faceva calcoli, semplicemente si muoveva come se dovesse dare davvero tutto a tutti. Gli chiedevo: ma perché fai un sacco di lavori, pure la tv di San Marino? E lui rispondeva: perché non riesco a dire di no, per rispetto del lavoro che oggi c’è ma domani?», dice ad Aldo Cazzullo. Infine, ricorda l’addio: «C’eravamo tutti: Maria, mia sorella Camilla e mio fratello Gabriele. Sono stato fortunato: non avevo film da girare, ho potuto stargli accanto sino alla fine, e sono orgoglioso di questo. Papà è sempre rimasto lucido. Era stato molto male già nel 2013, ma all’epoca dovevo lavorare, avevo interrotto una produzione che doveva ricominciare. Lui mi disse: non partire, resta qui con me. Gli risposi: tu cosa faresti al posto mio?». Come finì? «Ancora una volta fu Maria a risolvere: “Vai pure Saverio, tuo padre è troppo intelligente per morire adesso”».

Saverio e Alba

Sul set del film "La solitudine dei numeri primi" Saverio ha incontrato la sua compagna, Alba Rohrwacher. «E pensare che detestavo la campagna, il miele, lo dicevo proprio: che noia questa storia della Rohrwacher, la campagna, il miele. E poi invece non solo ho imparato ad amare la campagna e il miele, ma soprattutto lei».

© RIPRODUZIONE RISERVATA