Imparato mattatore con “Il malloppo” questa sera al Teatro Alaleona di Montegiorgio: «Sono un ispettore sui generis»

Nel cast Massironi, Santoro, Brunetti e Cirri. La commedia ambientata negli anni ‘60 in Inghilterra

Imparato mattatore con “Il malloppo” questa sera al Teatro Alaleona di Montegiorgio
Imparato mattatore con “Il malloppo” questa sera al Teatro Alaleona di Montegiorgio
di Chiara Morini
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Mercoledì 21 Febbraio 2024, 03:55 - Ultimo aggiornamento: 12:17

Una commedia divertente, a tratti farsesca, ambientata nella borghesia inglese degli anni ‘60. Scritta da Joe Orton, “Il malloppo”, per la regia di Francesco Saponaro, andrà in scena al Teatro Alaleona di Montegiorgio oggi, mercoledì 21 febbraio, alle ore 21 (info 0734961441). In scena Marina Massironi, Valerio Santoro, Giuseppe Brunetti, Davide Cirri e il napoletano Gianfelice Imparato.

Gianfelice Imparato, che storia è e quale personaggio interpreta?

«Io sono l’ispettore di polizia, un po’ sui generis, abile nei travestimenti, che si finge dipendente dell’azienda dell’acqua per indagare sul furto in banca. La trama è molto surreale». 

Quanto è dinamica la narrazione nello spettacolo?

«Molto, anche per la costruzione sintattica delle battute, che in scena sono rapide e sferzanti. Orton, con questo testo, mette in piazza tutto ciò che c’è di ridicolo nella borghesia inglese e le contraddizioni della società anglosassone».

Toni farseschi e personaggi fanatici: è adatta a oggi?

«Sì, va bene anche oggi, tanto. Ci sono tante ipocrisie anche oggi, la gente ride molto con questo spettacolo, magari riconosce alcuni atteggiamenti che vede nelle altre persone».

Quando ha capito che il teatro era la sua strada?

«Avevo vent’anni, studiavo legge e facevo anche il praticantato in uno studio legale. É stato in quel periodo che ho avuto la folgorazione per il teatro, che per me è stato molto salvifico».

Come è scoccata la scintilla?

«Ebbi intuito. L’artista che fa questo lavoro può essere un po’ a disagio: a teatro questo disagio si può affrontare in modo riflesso.

Un po’ come Perseo che uccise Medea guardandola non negli occhi, ma nell’immagine riflessa per non essere pietrificato».

Al cinema ha lavorato con tanti registi, quale ha trovato più vicino agli inizi e poi anche dopo?

«All’inizio ho lavorato con uno dei grandi maestri del cinema, Marco Bellocchio, nell’Enrico IV, era il 1984. Poi ho avuto altri incontri meravigliosi, come con Ettore Scola con il quale siamo poi rimasti molto amici, un’amicizia interrotta, purtroppo, con la sua morte. Ricordo Mario Monicelli, ho lavorato benissimo con Matteo Garrone, con il quale ho girato Gomorra. Ma anche i più giovani, più di recente, sono tanti».

Preferisce il teatro, il cinema o la televisione?

«Il teatro è la mia comfort zone assoluta, sono quasi a casa, ne conosco ogni minima piega. Con il passare del tempo ci metto anche il cinema. La televisione è, forse, quella meno interessante per me, è più da “mestieranti”. Anche se devo dire che ora ci sono serie più buone, girate da bravi registi».

Quanto al teatro, quello napoletano ha futuro?

«Ha ancora molta strada, è quasi un prototipo per il teatro. Come tutto il settore anche il teatro napoletano a volte si evolve, a volte si involve, proprio come accade anche per le musiche napoletane: una volta c’erano i maestri della canzone napoletana, oggi siamo caduti nel neo-melodico».

A proposito di musica: Geolier o Angelina Mango?

«Non saprei, non ho sentito nessuno dei due. Però posso dire che Geolier è un po’ lo specchio dell’evoluzione della società».

Gianfelice Imparato e le Marche?

«In 48 anni sono venuto tante volte nella vostra regione, che valorizza molto il teatro e i teatri».

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