Il trombettista Bosso a FabriJazz: «Racconto le memorie perdute di Chet Baker, il James Dean dei musicisti»

Il trombettista Fabrizio Bosso
Il trombettista Fabrizio Bosso
di Saverio Spadavecchia
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Venerdì 20 Agosto 2021, 11:39

FABRIANO - L’ottava edizione di FabriJazz scalda i motori pronta al debutto tra musica live, lezioni e masterclass con insegnanti di livello internazionale. Subito intenso il primo fine settimana della rassegna fabrianese organizzata da Fabriano Pro Musica, con la musica di Pino Daniele portata sabato ai Giardini del Poio dal tributo Convergenze Parallele. Ma il grande evento di questo fine settimana si svolgerà al Teatro Gentile con Fabrizio Bosso, Julian Oliver Mazzariello e Massimo Popolizio, con l’ambizioso progetto “Shadows, le memorie perdute di Chet Baker”. Un racconto in musica per narrare “Le memorie perdute” del James Dean dei musicisti. Ed è proprio la tromba di Fabrizio Bosso a introdurre il grande evento di domenica alle 21,30.
Bosso, ancora una volta Marche ed ancora una volta Fabriano e FabriJazz: la nostra regione è una certezza musicale?
«Sì è sempre un bel ritornare soprattutto quanto ci si trova circondati da persone che sanno fare il loro mestiere ed organizzare eventi come questo. Ho un bel rapporto con la manifestazione fabrianese, ho bei ricordi di Fabriano, anche prima di FabriJazz. Non dimentichiamo le Marche tutte, perché ho sempre piacere nel ritornare».
Sarà uno spettacolo molto particolare, dove la musica e le parole si fonderanno per raccontare la storia del grande trombettista americano Chet Baker. Cosa si deve aspettare il pubblico del “Gentile”?
«Ci saranno dei momenti dove la voce e le parole di Massimo Popolizio saranno le uniche protagonista di quello che possiamo considerare una sorta di reading, ma ovviamente la musica avrà un ruolo estremamente importante. Ci sarà interazione con la voce di Massimo, e c’è anche da dire che a suo modo è un grande improvvisatore perché a volte segue la nostra linea musicale con la voce. Il jazz della voce in un certo qual senso».
Il concerto si svolgerà all’interno del Teatro Gentile, il ritorno all’interno di un luogo di cultura è musica: lo possiamo considerare come simbolo di rinascita?
«Ricordo uno dei primi concerti di questo tipo a Torino: c’era emozione e la voglia di dare qualcosa in più, suonando quasi in apnea. Ancora oggi, dopo ogni concerto, mi dico “Anche oggi è andata” e facendo questo mestiere dopo tanto tempo fermi è come tornare a vivere. Ma non solo per noi artisti, anche per chi viene al concerto e poi cerca il contatto con l’artista, una foto, l’autografo. È il ritorno della socialità, dell’incontro, che si sono mancati moltissimo».
Musica “live” quindi, con un pubblico vero. Gli eventi in streaming non sono quindi la risposta e la soluzione?
«Assolutamente no. Sono un momento, un passaggio, non una soluzione. Ho fatto alcune cose in streaming, ma ne ho rifiutate altre come per esempio lezioni e masterclass. Dico di no perché c’è una differenza enorme tra un palco “vero” e un palco di un evento in streaming».
Ben venga chi ha il coraggio di organizzare eventi in un tempo così complicato rispettando le regole?
«Certo, perché c’è la tua energia di musicista, c’è quella del pubblico e la voglia ed il desiderio di ritrovare quelle sensazioni e cose che fino a poco tempo fa si davano per scontate».

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