Ettore Bassi, che storia racconta questo spettacolo?
«Riprendiamo la storia del romanzo di Vecchioni, che narra il rapporto tra Stefano Quondam, un docente di greco, e suo figlio adolescente che è affetto da progeria. Narriamo il rapporto di due esseri umani in un percorso nel quale trovano spazio la poesia e la letteratura, che narrano la vita di tutti i giorni. Rende così al ragazzo i giorni che non ha a causa della progeria, trasmettendogli quanto lui ha più di prezioso: la cultura. Proprio la poesia è il filo che unisce i due, facendogli fare un excursus e un viaggio tra tanti poeti e poetesse».
Lei è fan di Vecchioni: com’è stato interpretare l’adattamento di un suo testo?
«Devo ammettere che è stato molto emozionante, forte. All’inizio avevo un po’ di ansia, Vecchioni scrive cose molto profonde, parlando di emozioni delicate da trattare, ma poi alla fine eccomi qui».
Cosa ci insegna, quindi, questo spettacolo?
«La vita può essere vissuta e goduta in qualsiasi condizione ci si trovi. Capita, a volte, che chi soffre riesca ad offrire all’altro doni molto profondi».
Com’è, da padre, per lei, interpretare un così intenso rapporto tra un papà e un figlio?
«Vorrei citare anche il richiamo all’insegnamento pure per la nostra vita. E anche quando si portano storie intense in scena si finisce per poter avere anche ispirazione per fuori».
Lei interpreta ruoli di diversa natura, quale sente più vicino?
«Ruoli riflessivi come questo, è un genere che mi piace. Amo approfondire le riflessioni, gli aspetti delle varie tematiche che ci sono volta volta».
Dove pensa stia andando il mondo dello spettacolo?
«Dopo la pandemia è cresciuta l’esigenza di tornare nelle sale, soprattutto nei teatri. Ma è chiaro che la nostra arte non morirà mai, non può succedere».
Quanto pensa che influiscano i talent o i reality sullo spettacolo?
«Ormai i talent hanno dilagato, e questo è un dato di fatto. Ma oltre al talento che si può mostrare con queste trasmissioni conta ed è assolutamente importante anche avere una buona preparazione alle spalle. A volte si cerca di sfondare percorrendo la via più breve, ma alla fine le cose finiscono per tornare da dove sono iniziate, sono uguali. Poi è innegabile che creino visibilità».
Cosa significano, per lei, il teatro e più in generale la recitazione?
«Recitare mi provoca emozioni di gioia e allo stesso tempo di responsabilità. Attraverso il nostro lavoro doniamo al pubblico i messaggi e allo stesso tempo le emozioni. E questo è molto appagante, bello e utile».
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