Bassi nella versione teatrale de “L’attimo fuggente”: «Faccio il prof Keating, ma senza ansia da prestazione»

Ettore Bassi in una scena cult de "L'attimo fuggente"
Ettore Bassi in una scena cult de "L'attimo fuggente"
di Chiara Morini
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Mercoledì 16 Febbraio 2022, 09:20

TOLENTINO - Dopo Robin Williams al cinema, il professor Keating sarà interpretato a teatro da Ettore Bassi: “L’attimo fuggente”, nella versione teatrale, andrà in scena al Teatro Vaccaj di Tolentino il prossimo venerdì 18 febbraio alle ore 21. 

 
Ettore Bassi, come nasce lo spettacolo?
«Trent’anni dopo il film lo sceneggiatore Tom Schulman ha curato la trasposizione teatrale, qualche anno fa, portando lo spettacolo a Broadway. Il nostro regista Marco Iacomelli l’ha visto, un anno di trattative per i diritti, ed eccoci qua a rappresentarlo, come prima compagnia in Italia».
Quali sono le differenze con il film?
«La storia e i personaggi sono gli stessi, quello che abbiamo di particolare sono i 26 cambi scena creati magistralmente da Iacomelli. Un gran bel colpo di genio il suo, che funziona, perché alla fine dello spettacolo ci rendiamo conto del successo: gli spettatori “esplodono” e questo non può che riempirci di gioia».
Quanto è stato difficile calarsi nel ruolo di Keating?
«Difficile? Lo è se devi fare un confronto con l’interprete del film. Robin Williams in questo ha lasciato un segno indelebile. Per me è un onore ripetere le sue parole, aver potuto trarre ispirazione da lui. È tutto bello, ma non lo vivo con difficoltà o ansia da prestazione».
Perchè è importante insegnare il “Carpe diem” ai post millennials?
«Importante? Direi urgente. Un’urgenza drammaticamente attuale, in un mondo che punta all’omologazione, che vuole “appiattire”, annullare le specialità di ciascuno. Una società che ha una finta apertura sulle diversità. Il “Carpe diem” vuol dire concentrarsi sull’oggi, ascoltare la propria anima, i segnali che dà per avere armonia. I ragazzi in particolare hanno urgenza di fare questa esperienza».
A teatro vengono? 
«Sì. Di certo però il teatro è maggiormente appannaggio degli appassionati e dei più anziani. Però i giovani arrivano, gli insegnanti e le scuole, e anche i gruppi spontanei. A Milano in due serate, tra i circa 2mila spettatori in totale, moltissimi erano giovani, e questo ci ha emozionato». 
Quanto è importante cogliere l’attimo? 
«È un messaggio cardine, soprattutto oggi che si vive in una cultura di rimpianti per il passato e proiettati verso il futuro. Dimenticandoci il presente, dove invece, dovremmo essere focalizzati perché ci siamo». 
Vale anche per il teatro?
«Il teatro non ha colpe per questa situazione, è stato mortificato e oppresso. Il teatro è sempre stato, è e sarà sempre una risorsa, un tesoro. Il teatro non morirà mai perché fa parte dell’essere umano».
Dopo “L’attimo fuggente”? 
«Ho due progetti in agenda, a cui tengo moltissimo e dei quali sono molto fiero.

Il 28 febbraio al Carignano di Torino, andrà in scena “Il mercante di luce”, dall’ultimo romanzo di Roberto Vecchioni, che poi diventerà spettacolo. Parla del rapporto tra un padre e un figlio affetto da progeria, l’incasso andrà all’associazione nazionale presieduta da Sammy Basso. Vecchioni poi è il mio idolo di sempre. Da maggio poi inizierò con una versione del tutto particolare del “Coriolano” di Shakespeare».

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